Lectio divina su Mt 13,1-23
Invocare
Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola, che continui a seminare nei solchi dell’umanità, perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Leggere
1 Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2 Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. 3 Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5 Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7 Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8 Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9 Chi ha orecchi, ascolti».
10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14 Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15 Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! 16 Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17 In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14 Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15 Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! 16 Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17 In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
18 Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19 Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21 ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22 Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Silenzio meditativo: Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.
Capire
Nel Vangelo di Matteo si incontra tre grandi discorsi di Gesù: il discorso sulla “vera giustizia” (cc. 5-7), il discorso “ai discepoli” (c. 10) e il terzo (c. 13) che consiste in una raccolta di parabole. Quest’ultima affronta un tema fondamentale per la chiesa di Matteo e per ogni comunità cristiana: quali sono le condizioni per un fruttuoso ascolto della Parola di Dio.
Per il vangelo il seme è un prodigio che non ci si stanca di ammirare e di contemplare; è il prodigio della vita che si diffonde e si moltiplica. Il seme è piccolo ma è capace di diventare spiga. E tuttavia questa trasformazione non è scontata: il cammino del seme incontra degli ostacoli e delle difficoltà. Naturalmente non è di semi che il vangelo vuole parlare, ma della Parola di Dio. E la Parola del Signore è Gesù Cristo, verbo incarnato del Padre “e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14a).
La parabola del seminatore è la prima di una lunga serie di “parabole del Regno”: il granello di senape, il lievito nella pasta, la zizzania nel campo, il tesoro, la perla, la scelta nella pesca, alla fine dei tempi. Queste si presentano come qualcosa di vivo di dinamico, splendido: come un evento che verifica perennemente la pazienza, la generosità del seminatore e un fondamentale ottimismo, ma pure la varietà delle situazioni e dei risultati: da persona a persona. Da un tu ad un io, nella quale siamo coinvolti con tutta la nostra esistenza.
Per il vangelo il seme è un prodigio che non ci si stanca di ammirare e di contemplare; è il prodigio della vita che si diffonde e si moltiplica. Il seme è piccolo ma è capace di diventare spiga. E tuttavia questa trasformazione non è scontata: il cammino del seme incontra degli ostacoli e delle difficoltà. Naturalmente non è di semi che il vangelo vuole parlare, ma della Parola di Dio. E la Parola del Signore è Gesù Cristo, verbo incarnato del Padre “e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14a).
La parabola del seminatore è la prima di una lunga serie di “parabole del Regno”: il granello di senape, il lievito nella pasta, la zizzania nel campo, il tesoro, la perla, la scelta nella pesca, alla fine dei tempi. Queste si presentano come qualcosa di vivo di dinamico, splendido: come un evento che verifica perennemente la pazienza, la generosità del seminatore e un fondamentale ottimismo, ma pure la varietà delle situazioni e dei risultati: da persona a persona. Da un tu ad un io, nella quale siamo coinvolti con tutta la nostra esistenza.
Meditare
v. 1: Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare.
Il versetto inizia indicando un tempo non precisato. Certamente è importante perché si colloca nel tempo della vita, tutti i giorni.
In questo tempo, che viene definito un kairos, Gesù siede nel mare della nostra esistenza. Il mare per Matteo è la “imago mundi”, rappresenta cioè l’universalità dell’uditorio di Gesù, l’orizzontalità a cui è rivolta la sua parola. Egli è il maestro. L’evangelista Matteo a differenza dell’evangelista Marco, evidenzia il passaggio dalla casa al lago, da una cerchia ristretta a tutta la folla, per annunciare il Regno di Dio.
vv. 2-3: Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
La folla nei vangeli si presenta come una realtà che fa sempre ressa attorno alla Parola. Qui è il pubblico delle parabole di Gesù. Gesù siede e la sua omelia.
La prima parabola riportata da Matteo al seguito di Marco è quella del seminatore. L’evangelista elimina l’invito ad ascoltare e inizia subito descrivendo l’attività di un agricoltore che semina il suo campo.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
L’omelia di Gesù si presenta come una esposizione di alcuni aspetti del Regno dei cieli partendo dall’esperienza umana. Gesù parla facendo un incrocio tra fede e vita, come se fosse possibile scoprire le leggi del Regno e la condotta che ne consegue, nello scorrere dei giorni e delle stagioni.
Questo discorso parte con un’azione di semina da parte del seminatore. Qualcosa si muove. E’un’azione semplice ma ricca di Dio. E’ un’azione che, come vedremo nei versetti successivi, registrerà una serie infinita e dolorosa di insuccessi.
vv. 4-8: Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Dietro a questi versetti, vi sta anche un uso agricolo della Palestina, dove l’aratura viene fatta dopo la semina. Questo il motivo per cui il seme riesce ad arrivare in diversi terreni con le diverse conseguenze, non dipesi né dalla qualità e né dalla quantità, bensì dal terreno sul quale il seme cade.
In queste prime righe possiamo cogliere la venuta del Cristo, “uscito” dal Padre e venuto in mezzo a noi per gettare il seme della Parola su una vita che si presenta come quel campo che a forza di camminarvi sopra si trasforma in un sentiero di campagna. Si trasforma in erbaccia più comune nei campi e vengono sotterrate dall’aratro insieme al seme. Si trasforma in roccia dove il seme arriva quasi in superficie.
Il seme e la resa che esso dà, quindi, è il vero punto d’interesse di tutta la parabola. Infatti, possiamo cogliere il contrasto tra le tre semine infruttuose e la quarta semina eccezionalmente fruttuosa.
v. 9: Chi ha orecchi, ascolti».
Il Signore si esprime in parabole affinché in loro abbia adempimento ogni parola profeta. L’invito finale di Gesù richiama Dt 29,1-3.
L’espressione sta ad indicare che quanto fu affermato ha un significato più profondo di quanto sembri a prima vista. E’ questo il richiamo sapienziale, indica l’intendimento di tutta la persona.
La storia di Israele è un lungo ed insistente invito divino ad ascoltare la Parola, sempre per accogliere la divina Sapienza (Dt 5,1; Pr 2,2; Bar 3,9; Sal 78(77),1).
Quest’espressione la ritroviamo nell’ultimo libro della Bibbia come ammonitrice in ognuna delle sette lettere che il Cristo indirizza alle “Chiese” (cfr. Ap 2,7.11).
vv. 10-17: Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
In questo “gruppo” di versetti, viene racchiuso lo scopo delle parabole. La parabola è vista come un modo enigmatico di parlare, una sorta di svelamento e velamento messo insieme.
La richiesta dei discepoli non riguarda il significato della parabola come in Mc 4,10, ma il fatto stesso di parlare in parabole.
Gesù risponde: “a voi è dato…a loro non è dato”. A quanti sono ancora sottomessi sotto il giogo della Legge Gesù non può rivolgersi come a persone “libere” quali sono i suoi discepoli.
L’Evangelista Matteo, differenziandosi da Marco usa il verbo “conoscere” in modo che sia questo verbo, e non il semplice “dare”, a dare consistenza al discorso. Nel versetto è contenuta una negazione. Questa risposta rivela una contrapposizione: ai discepoli di Gesù Dio dona la grazia di conoscere i suoi misteri, i quali sono invece nascosti agli altri: si suppone quindi che le parabole siano un linguaggio incomprensibile, tale da mantenere i non discepoli nell’ignoranza.
Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
L’evangelista Matteo, quasi a riprendere un pensiero paolino: “l’indurimento di una parte d’Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato” (Rm 11,25-26), ne descrive il motivo e le diverse reazioni all’evangelo e di come affrontarle.
Per capirlo meglio, Matteo cita Is 6,9-10 ed offre l’occasione di introdurre per intero il testo isaiano. Il testo è citato quasi integralmente secondo la traduzione dei LXX. Da esso risulta chiaro che per l’evangelista l’incomprensione degli ascoltatori, pur non essendo voluta né da Gesù né da Dio, rientra tuttavia in un progetto divino già preannunziato dal profeta.
La stessa citazione di Isaia 6,9-10 chiude il libro degli Atti, dove Paolo constatato il rifiuto da parte di Israele dirà: “Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!”.(At 28,28).
La Parola è predicata continuamente, dai profeti nell’AT, da Gesù e dagli apostoli nel NT; ogni generazione è lasciata alla sua responsabilità di scelta, accettare o rifiutare.
vv. 18-23: Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore.
La parola di Gesù ha la stessa efficacia della parola di Dio: “così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11).
Questi versetti raccolgono l’interpretazione della parabola del seminatore. Lo stile è diverso da Marco. Matteo quasi a riprendere il credo religioso, lo Shema, invita all’ascolto della Parola nella quale si manifesta e si attua il regno di Dio. Solo qui in Matteo il racconto precedente assume l’appellativo tradizionale di «parabola del seminatore».
Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
La strada è la vita di ogni giorno, quella stessa vita che cerca di mettersi in ascolto della Parola del Signore ma non la comprende. Sente solo un suono all’orecchio e il significato della Parola di Dio non è penetrato nel cuore.
Per comprendere la parola del Signore c’è bisogno di una conversione e la conversione nel vangelo di Matteo è mettere il bene dell’uomo al primo posto come valore assoluto. Non refrattari, ostili come se tutto fosse una minaccia ai propri interessi. Diversamente agirà il Maligno e farà suo quel che è rimasto in superficie e l’uomo si dimostrerà solo un fallito.
Il termine “maligno” è un epiteto che Gesù ha già adoperato per indicare i farisei: “voi che siete maligni/cattivi” – ponhroi. o;ntej – (Mt 12,34). Il maligno si identifica con l’ideologia farisaica che deturpa il volto di Dio e lo rende sempre più lontano dalla gente.
Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno.
Questo fa parte di quanti non perseverano. La marcia iniziale è giusta: ascolto, accoglienza e gioia. Purtroppo il terreno è troppo poco profondo e il seme non può affondarvi le radici.
La Parola che non mette radici nella persona facilmente crolla davanti alla tribolazione, alla persecuzione. Eppure Gesù ha detto “beati i perseguitati” (Mt 5,10). Annunziare questo messaggio d’amore va contro gli interessi del mondo che vive sul potere ed è normale che ci sia l’incomprensione o la persecuzione a causa della Parola.
Chi guarda ai propri interessi è “colui che viene meno”, letteralmente, “si scandalizza”, “inciampa”. Sono persone entusiaste che pensano che seguire Gesù sia un andare incontro a troni regali invece si va alla Croce e l’unico riconoscimento appartiene al Padre nel giorno del giudizio. Chi la pensa diversamente, va incontro a incomprensioni e persecuzioni, crolla.
Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto.
Anche qui vi è un’accoglienza della Parola, ma passa in secondo piano, non la si difende e viene condannata alla sterilità. Il Vangelo è esigente. “Non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6,24). “Non vi affannate per la vostra vita di quel che mangerete, né per il vostro corpo di che vi vestirete…” (Mt 6,25).
Per Gesù il valore della persona consiste nella sua generosità, e un individuo che è sempre preoccupato per sé naturalmente non può essere generoso. Ciò che economia può anche starci, ma cio che è seduzione e ambizione va sradicato perché non ha spazio nel regno di Dio.
Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
L’ultimo gruppo di uditori accolgono pienamente la Parola: ascoltano e capiscono. La parola entra nella persona, lo trasforma, l’individuo stesso diventa questa parola, e la sua esistenza è una benedizione per quanti avvicina. Chi comprende la Parola, viene provveduto dei doni di Dio e porta molto frutto.
Nella comprensione c’è una diversità di misura. Non tutti coloro che sono giunti alla fede, raggiungono anche la piena maturità della conoscenza (cfr. Eb 5,11ss.).
E’ la realtà del discepolo ideale che comprende la Parola e l’attualizza nel quotidiano e le rimane fedele.
La comunità deve essere luogo di accoglienza per coloro che hanno fruttato il cento, o il sessanta o il trenta per uno.
Il versetto inizia indicando un tempo non precisato. Certamente è importante perché si colloca nel tempo della vita, tutti i giorni.
In questo tempo, che viene definito un kairos, Gesù siede nel mare della nostra esistenza. Il mare per Matteo è la “imago mundi”, rappresenta cioè l’universalità dell’uditorio di Gesù, l’orizzontalità a cui è rivolta la sua parola. Egli è il maestro. L’evangelista Matteo a differenza dell’evangelista Marco, evidenzia il passaggio dalla casa al lago, da una cerchia ristretta a tutta la folla, per annunciare il Regno di Dio.
vv. 2-3: Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
La folla nei vangeli si presenta come una realtà che fa sempre ressa attorno alla Parola. Qui è il pubblico delle parabole di Gesù. Gesù siede e la sua omelia.
La prima parabola riportata da Matteo al seguito di Marco è quella del seminatore. L’evangelista elimina l’invito ad ascoltare e inizia subito descrivendo l’attività di un agricoltore che semina il suo campo.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
L’omelia di Gesù si presenta come una esposizione di alcuni aspetti del Regno dei cieli partendo dall’esperienza umana. Gesù parla facendo un incrocio tra fede e vita, come se fosse possibile scoprire le leggi del Regno e la condotta che ne consegue, nello scorrere dei giorni e delle stagioni.
Questo discorso parte con un’azione di semina da parte del seminatore. Qualcosa si muove. E’un’azione semplice ma ricca di Dio. E’ un’azione che, come vedremo nei versetti successivi, registrerà una serie infinita e dolorosa di insuccessi.
vv. 4-8: Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Dietro a questi versetti, vi sta anche un uso agricolo della Palestina, dove l’aratura viene fatta dopo la semina. Questo il motivo per cui il seme riesce ad arrivare in diversi terreni con le diverse conseguenze, non dipesi né dalla qualità e né dalla quantità, bensì dal terreno sul quale il seme cade.
In queste prime righe possiamo cogliere la venuta del Cristo, “uscito” dal Padre e venuto in mezzo a noi per gettare il seme della Parola su una vita che si presenta come quel campo che a forza di camminarvi sopra si trasforma in un sentiero di campagna. Si trasforma in erbaccia più comune nei campi e vengono sotterrate dall’aratro insieme al seme. Si trasforma in roccia dove il seme arriva quasi in superficie.
Il seme e la resa che esso dà, quindi, è il vero punto d’interesse di tutta la parabola. Infatti, possiamo cogliere il contrasto tra le tre semine infruttuose e la quarta semina eccezionalmente fruttuosa.
v. 9: Chi ha orecchi, ascolti».
Il Signore si esprime in parabole affinché in loro abbia adempimento ogni parola profeta. L’invito finale di Gesù richiama Dt 29,1-3.
L’espressione sta ad indicare che quanto fu affermato ha un significato più profondo di quanto sembri a prima vista. E’ questo il richiamo sapienziale, indica l’intendimento di tutta la persona.
La storia di Israele è un lungo ed insistente invito divino ad ascoltare la Parola, sempre per accogliere la divina Sapienza (Dt 5,1; Pr 2,2; Bar 3,9; Sal 78(77),1).
Quest’espressione la ritroviamo nell’ultimo libro della Bibbia come ammonitrice in ognuna delle sette lettere che il Cristo indirizza alle “Chiese” (cfr. Ap 2,7.11).
vv. 10-17: Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
In questo “gruppo” di versetti, viene racchiuso lo scopo delle parabole. La parabola è vista come un modo enigmatico di parlare, una sorta di svelamento e velamento messo insieme.
La richiesta dei discepoli non riguarda il significato della parabola come in Mc 4,10, ma il fatto stesso di parlare in parabole.
Gesù risponde: “a voi è dato…a loro non è dato”. A quanti sono ancora sottomessi sotto il giogo della Legge Gesù non può rivolgersi come a persone “libere” quali sono i suoi discepoli.
L’Evangelista Matteo, differenziandosi da Marco usa il verbo “conoscere” in modo che sia questo verbo, e non il semplice “dare”, a dare consistenza al discorso. Nel versetto è contenuta una negazione. Questa risposta rivela una contrapposizione: ai discepoli di Gesù Dio dona la grazia di conoscere i suoi misteri, i quali sono invece nascosti agli altri: si suppone quindi che le parabole siano un linguaggio incomprensibile, tale da mantenere i non discepoli nell’ignoranza.
Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
L’evangelista Matteo, quasi a riprendere un pensiero paolino: “l’indurimento di una parte d’Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato” (Rm 11,25-26), ne descrive il motivo e le diverse reazioni all’evangelo e di come affrontarle.
Per capirlo meglio, Matteo cita Is 6,9-10 ed offre l’occasione di introdurre per intero il testo isaiano. Il testo è citato quasi integralmente secondo la traduzione dei LXX. Da esso risulta chiaro che per l’evangelista l’incomprensione degli ascoltatori, pur non essendo voluta né da Gesù né da Dio, rientra tuttavia in un progetto divino già preannunziato dal profeta.
La stessa citazione di Isaia 6,9-10 chiude il libro degli Atti, dove Paolo constatato il rifiuto da parte di Israele dirà: “Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!”.(At 28,28).
La Parola è predicata continuamente, dai profeti nell’AT, da Gesù e dagli apostoli nel NT; ogni generazione è lasciata alla sua responsabilità di scelta, accettare o rifiutare.
vv. 18-23: Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore.
La parola di Gesù ha la stessa efficacia della parola di Dio: “così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,11).
Questi versetti raccolgono l’interpretazione della parabola del seminatore. Lo stile è diverso da Marco. Matteo quasi a riprendere il credo religioso, lo Shema, invita all’ascolto della Parola nella quale si manifesta e si attua il regno di Dio. Solo qui in Matteo il racconto precedente assume l’appellativo tradizionale di «parabola del seminatore».
Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
La strada è la vita di ogni giorno, quella stessa vita che cerca di mettersi in ascolto della Parola del Signore ma non la comprende. Sente solo un suono all’orecchio e il significato della Parola di Dio non è penetrato nel cuore.
Per comprendere la parola del Signore c’è bisogno di una conversione e la conversione nel vangelo di Matteo è mettere il bene dell’uomo al primo posto come valore assoluto. Non refrattari, ostili come se tutto fosse una minaccia ai propri interessi. Diversamente agirà il Maligno e farà suo quel che è rimasto in superficie e l’uomo si dimostrerà solo un fallito.
Il termine “maligno” è un epiteto che Gesù ha già adoperato per indicare i farisei: “voi che siete maligni/cattivi” – ponhroi. o;ntej – (Mt 12,34). Il maligno si identifica con l’ideologia farisaica che deturpa il volto di Dio e lo rende sempre più lontano dalla gente.
Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno.
Questo fa parte di quanti non perseverano. La marcia iniziale è giusta: ascolto, accoglienza e gioia. Purtroppo il terreno è troppo poco profondo e il seme non può affondarvi le radici.
La Parola che non mette radici nella persona facilmente crolla davanti alla tribolazione, alla persecuzione. Eppure Gesù ha detto “beati i perseguitati” (Mt 5,10). Annunziare questo messaggio d’amore va contro gli interessi del mondo che vive sul potere ed è normale che ci sia l’incomprensione o la persecuzione a causa della Parola.
Chi guarda ai propri interessi è “colui che viene meno”, letteralmente, “si scandalizza”, “inciampa”. Sono persone entusiaste che pensano che seguire Gesù sia un andare incontro a troni regali invece si va alla Croce e l’unico riconoscimento appartiene al Padre nel giorno del giudizio. Chi la pensa diversamente, va incontro a incomprensioni e persecuzioni, crolla.
Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto.
Anche qui vi è un’accoglienza della Parola, ma passa in secondo piano, non la si difende e viene condannata alla sterilità. Il Vangelo è esigente. “Non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6,24). “Non vi affannate per la vostra vita di quel che mangerete, né per il vostro corpo di che vi vestirete…” (Mt 6,25).
Per Gesù il valore della persona consiste nella sua generosità, e un individuo che è sempre preoccupato per sé naturalmente non può essere generoso. Ciò che economia può anche starci, ma cio che è seduzione e ambizione va sradicato perché non ha spazio nel regno di Dio.
Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
L’ultimo gruppo di uditori accolgono pienamente la Parola: ascoltano e capiscono. La parola entra nella persona, lo trasforma, l’individuo stesso diventa questa parola, e la sua esistenza è una benedizione per quanti avvicina. Chi comprende la Parola, viene provveduto dei doni di Dio e porta molto frutto.
Nella comprensione c’è una diversità di misura. Non tutti coloro che sono giunti alla fede, raggiungono anche la piena maturità della conoscenza (cfr. Eb 5,11ss.).
E’ la realtà del discepolo ideale che comprende la Parola e l’attualizza nel quotidiano e le rimane fedele.
La comunità deve essere luogo di accoglienza per coloro che hanno fruttato il cento, o il sessanta o il trenta per uno.
La Parola illumina la vita
Il destino del seme non dipende né dalla sua qualità e né dalla quantità, bensì dal terreno sul quale esso cade. Come accolgo la Parola? Quale disponibilità interiore e comprensione manifesto davanti all’ascolto della Parola?
Anch’io, confrontandomi con la Parola mi ritrovo incostante di fronte alle difficoltà, la negligenza, la pigrizia, l’ansia per il futuro, le preoccupazioni quotidiane?
Interrogo la Parola per un cammino di fedeltà?
La figura del seminatore richiama quella della Chiesa nel suo impegno di evangelizzazione. La mia comunità ecclesiale, è disponibile ad essere gettata nel mondo come seme del Vangelo?
Il destino del seme non dipende né dalla sua qualità e né dalla quantità, bensì dal terreno sul quale esso cade. Come accolgo la Parola? Quale disponibilità interiore e comprensione manifesto davanti all’ascolto della Parola?
Anch’io, confrontandomi con la Parola mi ritrovo incostante di fronte alle difficoltà, la negligenza, la pigrizia, l’ansia per il futuro, le preoccupazioni quotidiane?
Interrogo la Parola per un cammino di fedeltà?
La figura del seminatore richiama quella della Chiesa nel suo impegno di evangelizzazione. La mia comunità ecclesiale, è disponibile ad essere gettata nel mondo come seme del Vangelo?
Pregare
Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia! (Sal 64)
Contemplare-agire
Rileggo questa parola per riviverla nella vita. Mi accompagna l’esempio della Vergine Maria e una grande beatitudine: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).
Rileggo questa parola per riviverla nella vita. Mi accompagna l’esempio della Vergine Maria e una grande beatitudine: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).