O Dio, che nel tuo amore di Padre ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio, rendici puri e forti nelle prove, perché sull’esempio di Cristo impariamo a condividere con i fratelli il mistero del dolore, illuminati dalla speranza che ci salva.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
In ascolto della Parola (Leggere)
29 E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31 Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33 Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
35 Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37 Lo trovarono e gli dissero: “Tutti ti cercano!”. 38 Egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo, infatti, sono venuto!”. 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
Dentro il Testo
Marco continua a tratteggiare le caratteristiche della vita ordinaria di Gesù: quando insegna, quando annuncia, quando agisce.
Domenica scorsa abbiamo ascoltato la guarigione dell’uomo dallo spirito impuro nella sinagoga di Cafarnao. Oggi, ci troviamo nella medesima cittadina, e la Parola di Dio continua a primeggiare sul male perché dove nei cuori sta la Parola di Dio per il male non c’è spazio.
Questa domenica, continuando nella lectio cursiva, Gesù guarisce la suocera di Simone e le sofferenze degli altri malati, sia sotto l’aspetto interiore che spirituale. Nonostante la sua brevità, Marco presenta Gesù come medico delle anime e dei corpi. Se prima della sua venuta la malattia era considerata come strettamente connessa con il peccato: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» (Gv 9,2), come si racconta nel brano cieco nato. Ora, invece, Gesù da un risvolto piegandosi sui corpi sofferenti per curarli perché «Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie» (Mt 8,17).
La pericope del Vangelo di Marco che leggiamo è formata da tre episodi: la guarigione della suocera di Simone (Mc 1,29-32; cfr. Mt 8,14s; Lc 4,38s); guarigioni compiute da Gesù di sera (Mc 1,32-34; cfr. Mt 8,16s; Lc 4,40s); partenza per un luogo solitario per pregare e nuova partenza da lì per tornare a predicare in altri villaggi (Mc 1,35-39; cfr. Lc 4,42-44; Mc 1,39; Mt 4,23).
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 29: E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni.
Nel primo capitolo, l’evangelista Marco ripete otto volte quel “subito” (kai euthỳs 1,10.12.18.20.21.23.29.30). L’espressione assume il carattere dell’immediatezza, dell’urgenza dell’attività di Gesù, l’importanza della missione per cui Gesù è stato inviato.
L’Evangelista sottolinea il passaggio dalla sinagoga alla casa, dal luogo del culto al luogo della catechesi. Nella Sinagoga (o nella chiesa) c’era quel che non ci doveva essere: lo spirito immondo. E nella casa di Simone, che nel Vangelo diventa subito dopo sinonimo della Chiesa, come nella nostra chiesa cristiana, cosa c’è? Non è detto che le cose vadano bene.
Nella casa di Simone e Andrea, insieme a Gesù sono presenti anche Giacomo e Giovanni. Questi sono i primi discepoli che seguono Gesù affascinati dal suo modo di presentarsi e di insegnare e lo seguono per imparare.
La casa di cui si parla nel Vangelo assume un linguaggio simbolico: è la Comunità cristiana, la Chiesa. Proprio in questa Chiesa è presente una malattia che Gesù vuole curare. Gesù entra nella casa perché il male va curato anzitutto all’interno della Comunità cristiana e poi nel mondo intero.
v. 30: La suocera di Simone era a letto con la febbre
La suocera di Simone (Pietro) è immobile, bloccata nel suo letto, quasi ad essere un tutt’uno con la febbre. La febbre, che nell’Antico Testamento era segno di una malattia mortale e di castigo per chi infedele all’alleanza (Lv 26,16; Dt 28, 15.22; 32,24; Sap 16,16), in questo brano è una condizione del corpo che, come per le forme di alienazione interiore di coloro che sono posseduti dai demoni, costringe l’uomo a una situazione di staticità, di chiusura verso gli altri, di privazione e di debolezza.
Nel brano la persona ammalata e la suocera di Pietro e si trova nella Comunità cristiana. La donna nell’Antico Testamento rappresenta Israele. Nel Nuovo Testamento la Comunità cristiana. Ora, sia Israele che la Comunità cristiana hanno la febbre e si trova a letto, cioè, è bloccato, incapace di muoversi, non va al lavoro, non si rende utile a nessuno, ha bisogno di essere servito e non di servire. È una febbre che conduce a comportarsi in maniera opposta al discepolato che chiede Cristo Gesù, bloccando quella capacità di amare, di servire il fratello.
Il versetto lo possiamo mettere in parallelo con Mc 9,33-34, dove la febbre viene ancor meglio evidenziata: «Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande». Questa è la febbre che tiene l’uomo a letto, gli impedisce di servire e fa sì che sia servito dagli altri. È proprio il desiderio di essere più grande dell’altro. Questa è la febbre che Gesù vuole curare, per questo Egli dice ai suoi discepoli: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35).
e subito gli parlarono di lei
L’Evangelista sottolinea un tramite che porta noi a Lui e Lui a noi. Dio interviene direttamente in prima persona, però è sempre un altro che ti porta da lui o che porta lui da te. È interessante questa mediazione dei fratelli. Nessuno è solo. È la mediazione della Chiesa, che prolunga nello spazio e nel tempo la sua presenza. Infatti, la Chiesa è custode di tutte le forme del sacerdozio, anche di quelle che svolgono al suo interno una funzione di mediazione. È una necessità parlare al Signore degli uomini e agli uomini del Signore. Una responsabilità che ogni discepolo di Cristo porta davanti al Padre. Egli, il discepolo, non può agire senza essere in sintonia con il Signore. Senza il Signore la malattia può peggiorare.
v. 31: Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò
Gesù dove c’è bisogno non si tira indietro ma si avvicina, si accosta alla persona ammalata. Forse è più la nostra bontà presunta che lo tiene lontano. Dove è chiamato, dove c’è bisogno, Gesù si accosta. La misericordia si abbassa sulla nostra miseria. Qui viene utilizzata un altro verbo: egheìro (alzare, risvegliarsi) usato per proclamare la risurrezione di Gesù (1Cor 15,4; Gal 1,1; Rm 4,24; At 3,15; 4,10). È usato anche nei racconti di guarigione di Marco (2,9.11; 3,3; 5,41; 9,27; 10,49).
Gesù avvicinandosi compie alcuni gesti molto semplici, umanissimi, affettuosi: prende per mano la donna febbricitante, attua una relazione carica di affetto, e quindi con forza la aiuta ad alzarsi. Il verbo usato dall’evangelista è quello della risurrezione, il verbo che fa passare dalla morte alla vita.
Questo prendere per mano richiama, come già detto, ad un atto di relazione così come canta il Salmista: “Mi hai preso per la mano destra” (Sal 72 (73),23). È l’intervento di Dio che con il suo tocco guarisce, che continua la sua opera di salvezza.
ed ella li serviva.
Qui il segno della guarigione. Marco usa il verbo greco diakonéo. Il senso primo è qui “dare da mangiare”, ma in Marco il verbo indica il “dare la propria vita” come Gesù (cfr. 10,45), significa amare. La donna guarita è entrata nella stessa logica che guida la vita del Cristo: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). La donna, ormai in piedi, supera le rigide barriere religiose e sociali che impedivano ad una donna di servire un rabbino a tavola, se costui era circondato dai suoi discepoli, ed offre da mangiare a Gesù e ai suoi discepoli, servendo chi l’ha servita fino a farla stare in piedi. Questa donna incarna Gesù. È il primo frutto del Vangelo.
Questo è il miracolo dell’amore: chi ama serve, gratuitamente, continuamente, serve tutti indistintamente e servire è l’espressione concreta dell’amore.
La donna, l’uomo di ogni tempo è guarito dal suo egoismo che conduce alla morte. Solo nel servizio reciproco saremo tutti finalmente liberi: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo” (Gal 6,3).
vv. 32-33: Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta.
Cambia lo scenario. Abbiamo un secondo episodio collegato al precedente da una annotazione temporale: “venuta la sera, quando il sole era tramontato” (Mc 1,32). È la sera di Gesù, quando porta a compimento ogni cosa, quando darà la vita per tutti. Per Gesù la sera è il principio di tutta la sua attività. È la sera della solidarietà, è la sera perché Dio agisca; è la sera dell’inizio e tutta la città è attorno alla porta ad ascoltare la Parola, portando “tutti i malati e gli indemoniati”.
Nella sua attività ordinaria, Gesù è preoccupato di liberare l’umanità dal potere del male: Lui, infatti, è stato presentato come “il più forte”, l’ischyrós (cfr. 1,7) e la sua lotta durante la permanenza nel deserto è contro le tentazioni del satana (Mc 1,12-13).
Un particolare che possiamo cogliere è “la porta”. Essa vuole ricordare il luogo della porta della città dove al mattino si teneva il giudizio del condannato. Mentre presso la porta della casa di Simone, il Signore emette il suo giudizio di salvezza per chi è perduto. Nel Vangelo, se ricordiamo, Gesù si proclama la porta: “Io sono la porta, se uno entra attraverso di me, sarà salvato” (Gv 10,9). Passare da Gesù, entrare da Gesù e insieme a Lui significa ricevere la vita e in abbondanza.
v. 34: Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni;
Marco dice che Gesù guarì molti e scacciò molti demoni, mentre al versetto 32 aveva detto che gli avevano portato «tutti» i malati: si tratta probabilmente di un semitismo e quindi l’Evangelista non fa distinzione tra i due termini; Matteo (8,16) traspone i due termini: portarono «molti malati» e guarì «tutti», mentre Luca (4,40b) dice: “Egli imponendo su ciascuno le mani, li guariva”.
Gesù si prende cura, ha rispetto per ciascuno di noi. Poi scacciò molti demoni, la sua cura è la liberazione.
ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Gesù non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano (Mc 1,34). Qui appare il cosiddetto segreto messianico per il quale Gesù impone a tutti: demoni, miracolati, discepoli il silenzio sulla sua persona. Questo “segreto messianico” è un motivo teologico di Marco. Egli rivolgendosi al catecumeno vuol fargli capire che conoscere Dio senza passare dalla croce è una tentazione diabolica: bisogna vedere prima come intendi Dio, come lo vivi tu. Infatti, i discepoli percepiranno ciò con la risurrezione.
v. 35: Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava.
Col v. 35 inizia un terzo episodio. Anche questo, come il precedente, ha una annotazione di tempo. Siamo all’inizio del nuovo giorno, al primo albeggiare, un richiamo al mattino di Pasqua (16,2). Gesù quasi a ripercorrere l’esodo biblico (le parole “uscire” e “deserto” richiamano ciò), si reca in un luogo solitario per pregare (Mc 1,35), per mettersi in ascolto dell’essenziale.
La preghiera solitaria di Gesù al mattino presto esprime la fedeltà all’insegnamento biblico che invita il credente a prolungare la preghiera lungo la notte («Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce» Sal 15,7; “Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante la notte” Sal 133,1) e a desiderare di essere in preghiera al sopraggiungere del nuovo giorno (“Svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora” Sal 56,9).
Questo episodio è narrato solo da Marco, mentre è Luca che sottolinea di più la preghiera di Gesù. Egli ci presenta come abituale il ritirarsi di Gesù dalla folla per pregare: “Egli si ritirava in luoghi solitari e pregava” (Lc 5,21). Prima di scegliere i dodici: “egli se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte a pregare Dio” (Lc 6,12). Mentre è un’altra volta sulla montagna a pregare avviene la trasfigurazione (cf. Lc 9, 28-29). A volte Gesù se ne sta in disparte a pregare anche quando è solo con i discepoli (Lc 9.18; 11,1; 22.41s).
L’evangelista Marco ha pochi accenni sulla preghiera di Gesù: qui, 1,35; 6,46 all’inizio della notte dopo la moltiplicazione dei pani; 14,36ss la notte del Getsemani. A queste si possono aggiungere le parole di Gesù sulla croce. Solo pochi cenni, ma posti in contesti importanti. Tutto questo perché la preghiera non serve per ricevere qualcosa, ma per diventare Qualcuno: per diventare come il Dio che preghiamo, per essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli (cfr. Mt 5,48).
La preghiera, inoltre, mi aiuterà a dispormi nei migliori dei modi ad accostarmi al fratello in necessità. Diversamente, anche noi, avremmo la febbre.
vv. 36-39: Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: “Tutti ti cercano!”.
Simone non appare come un uomo di preghiera. Ancora non è curato dalla febbre. Pensa di tenere in pugno Gesù e insieme agli altri, non accontentandosi, si mette alla ricerca di Gesù (il verbo usato dall’Evangelista indica il senso della caccia), per adattarlo ai propri sogni e desideri. Per loro la preghiera passa in secondo ordine, non riescono a capire che cercare Gesù significa cercare i suoi desideri, che poi è il fine della vita di ogni discepolo: “di te ha detto il mio cuore: cercate il suo volto” (Sal 27,8).
Questa ricerca di Gesù appare come una tentazione: Simone cerca il successo, il prestigio, una ricerca egoistica, e considera Gesù come il guaritore a disposizione, pronto e gratuito. La tentazione di cercare il proprio io, è il male radicale di tutti noi che cerchiamo il nostro io. Invece di cercare Dio e il suo Regno. Tutti hanno bisogno di fare un passaggio: dall’io a Dio.
Egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo, infatti, sono venuto!”.
La tentazione ego centrista spinge Gesù ad andare altrove perché vuole raggiungere ogni uomo. L’impedimento alla vera libertà, fa scaturire in Gesù una risposta particolare e significante. Il suo andare altrove, lasciare Cafarnao, non è un rifiuto di compiere quei segni che avevano suscitato speranza tra la gente, ma evita solamente che quegli stessi segni non vengano sfruttati a scopi egoistici. Ognuno di noi è chiamato ad uscire con Lui per acquistare la sua libertà ed essere guariti.
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Egli ha raccolto i primi discepoli e questi debbono andare con Lui ormai ovunque, fino agli estremi confini della terra. Ovunque il Signore deve predicare l’Evangelo del Regno (cfr. Mc 1,14-15), poiché per questo scopo preciso venne tra gli uomini (Mc 1,38). E così và e predica a cominciare dalle sinagoghe, verso gli emarginati e gli esclusi, per l’intera Galilea, senza però eliminare l’attività taumaturgica, l’annuncio della parola di verità che libera l’uomo dalla schiavitù della menzogna.
Tutta la vita di Gesù non è altro che questa presentazione di un cammino vittorioso sul male dandoci quella libertà di amare tutti.
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
La Parola illumina la vita e la interpella
Mi viene spontaneo servire o essere servito?
Nella casa di Pietro, che è la chiesa, quali sono le mie febbri che mi impediscono di servire?
Quanto spazio do nella mia vita a valorizzare e a metterci il cuore in tutte quelle occasioni che anch’io ho di servire e di farmi carico degli altri?
So presentare gli uomini a Dio? La mia preghiera è aperta a questa capacità di intercessione per i bisogni di tutta l’umanità?
Quanto so stare di fronte a Dio ma anche di fronte a tutte le sofferenze e i drammi della mia storia?
Sono capace di trovare spazi di silenzio e contemplazione per “staccare” un po’ dai ritmi frenetici della vita e mettermi in ascolto di Dio per cercare la sua volontà?
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.
Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi. (Sal 146).
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Mi fermo a contemplare la giornata di Gesù, non perché cerco il miracolo ma perché ascoltando la sua Parola possa essere guarito dalla febbre che mi tiene legato a letto e amare (servire) quanti il Signore metterà sul mio cammino.