Lectio divina su Mc 1,14-20
Invocare
O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa’ che sentiamo l’urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l’anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
In ascolto della Parola (Leggere)
14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi metta delle salde radici.
Dentro il Testo
Durante il Tempo di Avvento e del Natale, la Liturgia ha proposto spesso la persona del Battista: l’abbiamo visto dal grembo della madre al fiume Giordano per predicare la conversione amministrando un battesimo di penitenza e battezzare Gesù di Nazaret.
Questa domenica, la lettura del testo di Marco ci propone la pericope che segue immediatamente la trilogia iniziale: predicazione di Giovanni Battista, battesimo di Gesù e tentazioni nel deserto e che apre la prima sezione di questo vangelo 1,14- 3,7a.
Il testo si compone di due parti: un sommario introduttivo a questa sezione (vv.14-15) e la chiamata dei primi quattro discepoli (vv. 16-20) che costituisce il parallelo del testo giovanneo che abbiamo meditato la domenica scorsa (Gv 1,37-42). Si tratta del primo episodio o quadro di una tipica “giornata di Gesù” che Marco ci descrive nei vv. 16-39 del primo capitolo.
Appaiono alcune caratteristiche tipiche dell’evangelista tra le quali sottolineiamo la collocazione in Galilea e il Regno di Dio.
Il brano evangelico contiene un po’ il programma di tutto il Vangelo in modo molto sintetico.
Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 14: Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio
Giovanni esce di scena. Marco dice che “venne consegnato”. Il verbo “paradidomi” è molto denso e non vuol indicare un semplice arresto, indica un tradimento, una consegna della vita.
La consegna della vita del Battista nelle mani “degli empi” è una fonte di salvezza. L’uso del verbo “consegnare” serve a creare un legame tra Gesù e il suo precursore, che hanno in comune l’attività di predicare e il destino di morte. Infatti, qui abbiamo un’altra consegna: il passaggio del testimone nella lotta contro il male.
Dopo la consegna del Battista, l’Evangelista parla dell’attività di Gesù che viene situata presso Tiberiade, in Galilea, una regione semipagana, disprezzata, ignorata e nell’Antico Testamento è citata cinque volte senza dare importanza. Nell’intento dell’Evangelista non è presentare geograficamente il luogo ma teologicamente.
Il versetto possiamo confrontarlo con v. 1 dello stesso capitolo dove si parlava di vangelo di Gesù Cristo. Mentre qui il Vangelo predicato da Gesù in persona è detto di Dio e ciò costituisce un interessante collegamento tra il Vangelo stesso e la persona di Gesù.
v. 15: e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Il tempo è compiuto. Nella forma letterale viene espresso con “è riempita la misura”, una metafora aggiunta dall’evangelista per dire non c’è nulla da aggiungere.
In greco la parola “tempo” è “kronos”. Marco, invece, qui usa un altro verbo: “kairos”, un vocabolo per indicare un tempo opportuno da prendere al volo perché non si ripresenterà più.
Kairos è il tempo di Dio. Con Gesù Kairos è il tempo decisivo, il tempo di dare risposta. Il tempo della pienezza fissata per l’avvento della sua signoria, infatti essa, il regno (basileia) è vicino.
Per vivere il tempo di Dio viene utilizzato un altro verbo: metanoeo, “convertitevi”. Un indicativo presente per dire cambio mente, faccio penitenza. Un verbo che afferma che prima di credere bisogna cambiare. Infatti, segue l’altro verbo pisteúō, “credete”. La fede di cui si parla è fede biblica, decisione pratica: “quello che hai detto noi lo faremo e lo ascolteremo” (Es 24,7).
Qui appaiono i due verbi chiave dell’esperienza del Sinai e del popolo d’Israele di ogni tempo: ascoltare e fare. Le due azioni sono rovesciate anteponendo l’obbedienza dell’azione all’ascolto. Se da un lato questo indica il timore del popolo nell’ascoltare la voce di Dio, dall’altro sottolinea il valore dell’esecuzione della legge.
La torah è ascolto di una voce che guida nelle azioni più quotidiane della vita. Secondo un’antica tradizione ’torah’, era il grido usato dal pastore per dare l’avvio al cammino del gregge.
Marco riprende l’invito alla conversione in Mc 6,12 e il termine scelto metanoia ha un riferimento profetico e indica non un semplice cambio di opinione, ma un mutamento radicale della vita, imposto dalla presenza del regno di Dio, e la richiesta più impegnativa è quella della fede. Credere al vangelo è un tema proprio del vangelo di Marco che si traduce in un rapporto personale e di fiducia del credente con Gesù.
v. 16: Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
Il v. 16 presenta una giornata tipica e in particolare il senso del convertirsi e credere. Altri verbi accompagnano l’attività di Gesù.
Il versetto inizia col verbo “passare”. È il passaggio di Dio, di Gesù, nella nostra vita ordinaria tra le nostre occupazioni. Poi ancora un verbo: “vide” è lo sguardo dell’elezione divina. Uno sguardo che si posa sull’ordinarietà della vita. In questa ferialità della vita abbiamo due fratelli: Simone e Andrea, di mestiere pescatori. Su di loro si posa lo sguardo di elezione, lo sguardo di misericordia.
Il testo richiama lo schema di vocazione dell’Antico Testamento (per esempio la chiamata di Eliseo 1Re 19) anche se vi sono delle differenze. La chiamata può essere collegata alla missione che Gesù darà ai dodici in 6,7, inviati in coppia; Simone la riceverà una seconda volta (8,33) dopo un episodio critico; è comunque Simone il primo discepolo nominato da Marco che lo cita nuovamente al termine del vangelo (Mc 16,7).
v. 17: Gesù disse loro: Venite dietro a me
Gesù chiama. Non siamo noi che prendiamo l’iniziativa ma è il Signore che prende l’iniziativa, che ci mette gli occhi addosso. In quel momento la Parola di Dio irrompe nella vita chiedendo obbedienza incondizionata e rottura col passato. Chi ascolta la Parola deve seguirla, non anticiparla. L’essenza del Vangelo è andar dietro a Gesù: tutti chiamati ad accogliere il Regno di Dio che si è fatto vicino. La fede è andar dietro a Gesù. È una esperienza diretta, di seguire lui, in compagnia sua, per stare con lui, per diventare come lui. Quindi la fede è un rapporto di relazione con Dio direttamente in Gesù Cristo. È un rapporto da persona a persona.
vi farò diventare pescatori di uomini
“Pescatori di uomini” è tipicamente biblica. In Ger 16,16 il Signore dice che «invierà molti pescatori», nel contesto del giudizio escatologico. Altre immagini riguardo alla pesca hanno una connotazione simile o negativa (Ez 29,4-5; Am 4,2; Ab 1,14-15). In Mt 13,47-50, la parabola della rete da pesca nel contesto del giudizio.
Il Nella Bibbia come anche nelle antiche culture del vicino Oriente il mare, “jam” in ebraico, tradotto anche con “grandi acque”, “diluvio” è simbolo del caos primordiale, della morte, del nulla e del male, luogo popolato da mostri.
Gesù con “vi farò diventare pescatori di uomini” dice chiaramente ai suoi discepoli che sono chiamati a “tirare fuori dalle acque del male”, quanti sono immersi in quella morte, in quell’ingiustizia, in quelle guerre e introdurli nel Regno di Dio. Come Gesù è venuto a pescarci per tirarci fuori dal nostro cammino di morte e condurci sul cammino della vita, così i chiamati: portano ai fratelli la vita. Infatti, è fratello colui che si preoccupa del fratello e così entra nel Regno di vita eterna. Questo è il Vangelo.
v. 18: E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Quel “subito” è molto importante per Marco. Nel primo capitolo ricorre undici volte. Questo vuol dire che la chiamata a vivere il Regno di Dio non ha tentennamenti, non ha ripensamenti.
Poi lasciano le reti, cioè, si staccano dal modo in cui sono vissuti fino a quel momento. Una sottolineatura importante per Marco e quanti seguono il Vangelo: non si può restare impigliati alle reti. Infatti, il lasciare tutto, un elemento caro ai racconti evangelici (cfr. Mc 10,17-22), è mettere la propria vita nelle sue mani. Le reti sono la condizione di legame col mondo vecchio. Ciò non significa che i discepoli lasciano il lavoro, la loro vita. Ci sta invece un cambio di prospettiva: il fine della loro vita non è più il lavoro, non è più la rete, non è più il pesce, il fine della vita è più interessante: è Cristo Gesù, la relazione personale con il Signore.
Qui l’Evangelista ama usare il termine “seguire” (cfr. 2,14-15; 6,1; 8,34; 10,21.28) per indicare il divenire discepolo di Gesù. Un termine preso dal mondo ellenistico che non vuol dire un semplice andare dietro a Gesù, ma assumere i suoi tratti, il suo stile di vita, mantenere un rapporto personale.
Lasciare tutto diventa condivisione dei beni, della vita, farne parte agli ultimi con cui Gesù si identifica.
vv. 19-20: Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Qui si ripete la scena. Qui abbiamo una seconda coppia di fratelli. Marco fa intendere che la chiamata si ripeterà sempre. La modalità sarà sempre la stessa. Cambierà il ruolo, il lavoro, il contesto di vita ma l’invito di Gesù sarà sempre lo stesso: “segui me per vivere in pienezza la vita”.
Ancora una coppia di fratelli, Giacomo e Giovanni, vengono chiamati e rispondono immediatamente, staccandosi dal padre e dai garzoni. Questa indicazione ha un suo significato: il padre indica il custode di una tradizione, di colui che tramanda quei valori, di quel si è fatto sempre così. Nell’Antico Testamento troviamo il contrario: Eliseo che si congeda dal padre (cfr. 1Re 19,20). Marco invece, per il suo uditorio, ne vuole sottolineare l’importanza sconvolgendo il modo di pensare: “chi abbandona il padre è come un bestemmiatore” (Sir 3,16). Sarà Gesù, più tardi, a spiegarne bene il senso (cfr. Mc 10,19-30). Intanto l’evangelista ne sottolinea la radicalità della scelta. Mentre, indicando i garzoni, Marco fa intendere che sono dei benestanti, che hanno dei dipendenti. Qui Marco dice che adesso devi essere tu il garzone, tu servo dei tuopi fratelli. Non puoi pretendere qualcuno che serva te.
Incontrare Cristo significa che si cambia stile di vita perché quei modelli inculcati sono incompatibili con la scelta di Cristo. Incontrare Cristo significa accogliere il Vangelo lasciando le proprie sicurezze, il proprio vecchio mondo per entrare nel Regno di Dio.
È interessante questa scena di coppia, perché la fede non è mai un affare privato, essa, infatti, è una esperienza di fraternità, cioè vivere l’amore concreto del fratello e della sorella portandoti anche a fare scelte eroiche.
Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
La Parola illumina la vita e la interpella
La mia vita è radicata in Cristo oppure è solo affievolimento?
La chiamata di Gesù è rivolta anche ai credenti di oggi: com’è la mia risposta? Come si colloca nella mia vita l’invito di Gesù “convertitevi e credete al Vangelo?
Cosa lascio della mia vita, delle mie vecchie abitudini per seguire Gesù?
Sono cosciente che nell’ascolto della Parola, il Signore mi chiama a una relazione personale con Lui?
Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. (Sal 24).
L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Il tempo è pieno di Dio. Riscopri Dio nella tua vita in ogni sua Parola. Lui ti chiama a un cammino di relazione
personale, manifestando la Sua presenza in te, perché Lui è il tesoro della tua vita.
Pubblicato da fra Vincenzo