Lectio divina su Mt 15,21-28
O Padre, che nell’accondiscendenza del
tuo Figlio mite e umile di cuore hai compiuto il disegno universale di
salvezza, rivestici dei suoi sentimenti, perché rendiamo continua testimonianza
con le parole e con le opere al tuo amore eterno e fedele. Per Cristo nostro
Signore. Amen.
ascolto della Parola (Leggere)
di Sidòne. 22Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella
regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia
è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure
una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono:
«Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose:
«Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma
quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed
egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È
vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che
cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò:
«Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante
sua figlia fu guarita.
penetri in te e vi metta delle salde radici.
il Testo
Gesù si trova a Gennesaret (Mt 14,34) e
qui, con una delegazione di scribi e farisei venuti da Gerusalemme ebbe una discussione
su ciò che rende puro o impuro l’uomo. Egli aveva insegnato il contrario della
tradizione degli antichi, dichiarando puri tutti gli alimenti, e aveva aiutato
il popolo e i discepoli a uscire dalla prigione delle leggi di purità (Mt 15,
1-20). Purtroppo, il discorso non è accolto e deve scappare da quelle
discussioni ridicole ritirandosi verso terre pagane, dalle parti di Tiro e di
Sidone. Qui fa un incontro con una donna Cananea con la quale era proibito
conversare.
Con questo brano, l’Evangelista fa capire
l’amore universale di Dio (cfr. Mc 7,24-30). Egli dice che non c’è un popolo
privilegiato, non c’è un prima noi e dopo gli altri, ma c’è l’amore di Dio per
tutti.
Il brano è collocato nella “sezione dei
pani” (si ripete 15 volte cfr. Mt 13,53-16,12) ed è una continuazione del brano
di domenica scorsa, in cui il pane abbondato è destinato a tutti i popoli:
Giudei e pagani.
Con l’episodio della donna Cananea,
Matteo mostra alle comunità come lo stesso Gesù avesse fatto passi concreti per
oltrepassare i limiti della religione chiusa in sé stessa e come Lui facesse
per discernere la volontà del Padre oltre lo schema tradizionale.
sulla Parola (Meditare)
v.
21: partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne.
Nel testo greco il verbo non è “partire”
ma “uscire”. Infatti, è un uscire indicativo della persona e della missione di
Gesù. Nell’Esodo succede la stessa cosa. Dio dice a Mosè: “fai uscire il mio
popolo” (Es 3,10).
Gesù esce (dalla Galilea), potremmo dire
sostanzialmente, esce dal Padre, esce come segno d’amore, come segno di verità,
per raggiungere tutti. Anche qui, indicando forse un tempo o un fatto, Gesù
esce e si dirige verso le parti di Tiro e di Sidone. Nel testo parallelo di Mc
7 si dice che Gesù va nella “regione di Tiro”, “passa per Sidone” entrambi
territori pagani (cfr. Mt 11,22). Matteo, invece, dice che punta verso quei
territori, non ci arriva, non oltrepassa i confini della Palestina perché, come
dirà Gesù stesso, egli è stato “mandato alle pecore perdute della casa di
Israele”.
Qui Gesù si ritira. Nel Vangelo di Matteo
troviamo spesso questo verbo. Forse Gesù cercava un luogo per “staccare la
spina”, restare da solo e le località vogliono dare motivo a questo suo
ritirarsi: Tiro (dall’ebraico sur =
roccia) e Sidone (dall’ebraico sùdon
= luogo di rifornimento o luogo pescoso).
v.
22: Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare:
«Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un
demonio».
Qui entra in scena una donna Cananea.
Anche se viene indicata la sua provenienza non è nell’intenzione dell’Evangelista
indicarne la geografia ma l’aspetto religioso. Infatti, indica che non è
d’Israele, che non fa parte del popolo eletto.
Questa donna va incontro a Gesù e fa la
sua preghiera gridata. La sua preghiera è come quella dei Salmi (cfr. Sal
129,1b-2a). Nell’Esodo (2,23) troviamo il grido del popolo eletto, ridotto in
schiavitù, che si innalza verso Dio. Anche qui è la stessa cosa, anche la
Cananea vive una situazione di schiavitù: vive una umanità piena di spiriti
cattivi. Ma questo vale per tutti. Quando si vive una umanità lontano dal
Signore si vive solo di spiriti cattivi e che hanno bisogno di essere cacciati
da Cristo e dal suo Vangelo.
La donna incontra Gesù e riconosce in lui
il Messia (ne usa proprio un titolo: Signore, figlio di Davide) e fa la sua
preghiera, chiede la grazia, chiede la compassione, chiede la vicinanza del
Signore, il dono della sua presenza, della sua forza e della sua tenerezza per
la figlia, per la vita che è attorcigliata dal maligno.
Nel suo cuore sente che Gesù solo può
cacciare dalla figlia quel demonio che la tormenta.
vv.
23-24: Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli
si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro
gridando!».
La donna grida, innalza la sua preghiera ma
Gesù non risponde. Atteggiamento strano! Perché la certezza che percorre la
Bibbia, da capo a fondo, è che Dio sempre ascolta il grido del popolo oppresso.
Ma qui Gesù non ascolta. Non vuole ascoltare. Perché? Perfino i discepoli sono sorpresi
dal comportamento di Gesù e chiedono che presti attenzione alla donna, per
liberarsi da quel grido orante.
Qui viene utilizzato il verbo “esaudire”
ma nel testo originale vi è il verbo “cacciare”. I discepoli sono del parere di
non avere a che fare col mondo pagano. Quel “liberarsi” dal grido della Cananea
è lo stesso verbo usato dai discepoli quando viene raccontato la condivisione
del pane (cfr. Mt 14,15).
Egli
rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa
d’Israele».
Notiamo nel Vangelo di Matteo che Gesù
limita il suo campo di azione al popolo dell’alleanza. Sembra che voglia
acconsentire al parere dei discepoli. Però, come mai a Nazareth fu accusato di
comportarsi in maniera opposta, di interessarsi dei pagani di Cafarnao?
Ricordiamo l’invio dei discepoli, ai
quali Gesù aveva ordinato di rivolgersi solo alle pecore perdute della casa di
Israele (10,6). Gesù aveva anticipato questo atteggiamento nel “discorso della
montagna”, dove aveva prescritto ai discepoli ancora da istruire a fondo: «Non
date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci»
(Mt 7,6).
L’evangelista Matteo ricorda che Gesù è mandato
alle pecore perdute della casa d’Israele, come il pastore è
per il suo gregge, così il pane è per i
figli. L’appellativo di «pecore perdute» si rifà alla nota immagine biblica del
popolo come gregge senza pastore (cfr. Ez 36) ma è solo un particolare legato
al piano storico salvifico. L’apertura universale, però, era intrinsecamente
iscritta nell’identità di Dio. L’Evangelista, invece, vuole sottolineare quel
particolare pedagogico di Gesù partendo dalle opposizioni dei discepoli per
poter arrivare ai pagani, perché anche quest’umanità ha bisogno di aiuto.
vv.
25-26: Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo:
«Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e
gettarlo ai cagnolini».
La donna non si preoccupa del rifiuto di
Gesù e pone, “in crescendo”, nuovamente la richiesta. La madre non
indietreggia, pur se l’espressione è pesante ella va avanti fiduciosa,
cosciente della sua povera esistenza.
Amore di madre per la figlia ammalata non
si preoccupa di norme religiose, né della reazione degli altri, ma cerca la
guarigione là dove la sua intuizione materna le fa vedere una soluzione: Gesù!
Essa si fa più vicino, si getta ai piedi di Gesù e rinnova la sua supplica. Il
suo insistere fa usare le stesse parole di Dio, prese dai Salmi: 70,2; 79,9;
109,26; 119,86.117.175. Il gesto è adorazione, riconoscimento di Gesù Signore. Lo
stesso gesto che ebbe il giovane ricco quando corse da Gesù: si prostrò innanzi
e lo adorò (Mc 10,17).
La sua è una preghiera significativa e
Gesù ne resta colpito e risponde con un paragone preso dalla vita familiare. Egli
mette davvero a dura prova l’umiltà e la fede della donna facendo uso del detto
che nessuna madre toglie il pane di bocca ai propri figli per darlo ai
cagnolini. L’asprezza del detto è alquanto attutita dall’uso del diminutivo “kynarion”
che indica i cani domestici, che stanno in casa (15,27). Bambini e cani sono
numerosi nelle case dei poveri anche oggi.
Gesù afferma chiaramente il principio
ebraico tradizionale in materia di storia della salvezza: prima i Giudei.
Gesù dice. Ma il caso non è chiuso. Il
messaggio sembra più diretto ai discepoli, perché c’è un pane da condividere
anche con i pagani.
vv.
27-28: «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le
briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
La donna non si da per vinta, anche se
non afferra il discorso del pane perché il pensiero è sulla guarigione della
figlia, fa ancora un terzo tentativo. Essa è d’accordo con Gesù, ma allarga il
paragone e lo applica al suo caso. Ella tira semplicemente la conclusione di
quella immagine, mostrando che in casa del povero (e perciò anche in casa di
Gesù) i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei bambini. La
donna comunque si mostra umile, non si offende per essere stata paragonata a un
cane, non rivendica diritti nei confronti di Dio, perché lei sa che le briciole
che cadono, se sono le briciole di Dio, sono sufficienti a saziare la sua vita
e quella della figlia malata. Ella riconosce la sua situazione di miseria e il
suo grido tocca il cuore di Gesù. Il problema qui, man mano che si avanza nella
fede, non appartiene alla donna ma ai discepoli che fanno fatica a condividere
il pane coi pagani. E nella “casa di Gesù”, cioè nella comunità
cristiana del tempo di Matteo, alla fine del primo secolo, c’erano in più
“dodici ceste piene” (Mt 14,20) per i “cani”, cioè per i
pagani!
Allora
Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E
da quell’istante sua figlia fu guarita.
Gesù educando i suoi discepoli ad “allargare
lo spazio della propria tenda” (Is 54,2), in questo momento si meraviglia della
fede della donna. È la fede dei lontani, dei non praticanti, è la fede di chi
non ha diritto. C’è un abbandono, una fiducia, una disponibilità grande che si
traduce in esperienza e salvezza.
Non è la prima volta che Gesù trova una grande
fede tra i pagani. Ricordiamo il centurione: per fede il centurione si avvicinò
a Gesù, per fede gli chiese la guarigione del suo servo; per fede gli disse che
bastava una parola, che non era necessario che entrasse nella sua casa (cfr. Mt
8, 5-13).
La risposta di Gesù è volere del Padre.
Gesù esce “dalla prigione della razza eletta” per aprirsi a tutta l’umanità,
senza barriere di razza o confini politici: è la volontà di Dio. Questa è l’ora
della fede, della preghiera, della guarigione. È l’ora in cui Dio non dona le
briciole ma il pane della vita. Il dono della vita e della salvezza è per tutti
coloro che cercano la vita e che si sforzano di liberarsi dalle catene che
imprigionano l’energia vitale.
Matteo concluderà il Vangelo riportando
con assoluta chiarezza, quanto Gesù, prima di tornare al Padre suo ha comandato
ai suoi discepoli: «andate, dunque, ammaestrate tutte le genti,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt
28,19).
La guarigione della figlia avviene perché
quel pane di vita è stato accolto, perché quella briciola di Vangelo è stato
accolto e questo è il segno di una grande fede che supera ogni ostacolo, anche
quella del demonio.
Concludendo, i discepoli come fecero
fatica a portare la propria cesta in terra pagana, ancora una volta fanno
fatica a comprendere questo discorso di Gesù. Lo capiranno nel momento in cui
cominceranno a condividere e spezzare quel pane della cesta non per sé ma anche
per i pagani.
silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio
sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
vita e la interpella
Sono aperto alla fede presente nelle
altre persone a cui Dio mi mette accanto?
Sono disposto ad ascoltare e condividere
la mia esperienza di fede con coloro che vivono il loro rapporto con Dio in
maniera differente dalla mia?
So riconoscere l’opera di Dio in coloro
che non appartengono al mio gruppo o alla mia comunità?
Come vivo la mia vita di preghiera? Come
metto in pratica la volontà del Padre?
Sono consapevole della mia povertà per
essere capace come la cananea di affidarmi alla parola salvifica di Gesù?
sue stesse parole (Pregare)
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
perché tu giudichi i popoli con
rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. (Sal 66)
con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
La celebrazione dell’Eucaristia ci aiuta
a recuperare la nostra condizione indigente, l’incontro con il Dio della
misericordia, la relazione di amore con i nostri fratelli. Attorno all’altare
di Cristo nessuno è ospite, né straniero: ognuno è accolto come figlio e
fratello. Dovremmo valorizzare maggiormente le parole e i segni della
celebrazione eucaristica. (Cataldo Zuccaro).