Lectio divina
su Lc 1,39-56

Invocare
Dio
onnipotente ed eterno, che hai innalzato alla gloria del cielo in corpo e anima
l’immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, fa’ che viviamo in
questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua
stessa gloria.
Per
Cristo nostro Signore. Amen.
Leggere
39In quei giorni
Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di
Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena
Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce:
«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A
che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco,
appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di
gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto
nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
46Allora Maria
disse: «L’anima mia magnifica il Signore 47e il mio spirito esulta
in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l’umiltà della sua
serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi
cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; 50di generazione
in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. 51Ha
spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del
loro cuore; 52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli
umili; 53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a
mani vuote. 54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua
misericordia, 55come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la
sua discendenza, per sempre». 56Maria rimase con lei circa tre mesi,
poi tornò a casa sua.
Silenzio
meditativo ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o
ascoltato
Capire
In
questo giorno della solennità della Vergine Maria Assunta in cielo, il brano
evangelico raccoglie l’episodio della Visitazione: l’incontro di Maria con
Elisabetta in “una città di Giuda” (v. 39). I versetti precedenti narravano le
due annunciazioni: a Zaccaria che rimane muto perché non crede (vv. 5-25) e
alla Vergine Maria che accoglie il Figlio dell’Altissimo (vv. 26-38).
Il
cantico della Vergine individua in tre fasi diverse la storia della salvezza
interpretata alla luce dei nuovi avvenimenti che si stanno realizzando:
1.
nella prima parte (vv.48-50) viene esaltata la bontà dell’Onnipotente e la
disponibilità di chi accetta di condividere il suo disegno;
2.
nella seconda parte (vv. 51-53) si annuncia un capovolgimento di prospettiva:
la fedeltà del Salvatore, che ha già dato storicamente prova della sua bontà,
non è una fumosa speranza utopica;
3.
nella terza parte (vv. 54-55) si prende coscienza che le promesse fatte ad
Israele stanno trovando il loro compimento: Gesù è la pienezza ed il compimento
della salvezza promessa.
Nelle
parole di Maria riecheggiano tanti temi già presenti nell’AT, in modo
particolare nei Salmi e nel cantico di Anna (1Sam 2,1-10), di Debora, la
profetessa, che dopo la vittoria su Sisara, cantò al Signore (Gdc 4,5). Lo
stesso fece il popolo dopo la traversata del Mar Rosso (Es 15). Tutti temi di
lode e di gratitudine verso il Dio che libera, ma nella bocca della Vergine Maria
assumono una connotazione nuova di fronte alla grandezza dell’evento che, nella
tradizione cristiana, si sta per compiere ed a cui lei è stata chiamata: non ci
sono più tracce veterotestamentarie di vendetta, non ci sono nemici da
distruggere, ma un mondo rinnovato dove anche ai ricchi liberati dalle loro
vuote ricchezze è ridata la dignità dei poveri: “Rovesciando i potenti, Dio li
libera dalle loro vane illusioni e li promuove alla dignità dei poveri”.
Per
questi legami con l’AT si è avanzata l’ipotesi che il magnificat, come gli
altri due cantici presenti nel vangelo, erano già materiale liturgico
utilizzato in ambiente giudeo-cristiano e che Luca ha utilizzato come fonte,
adattato ed inserito nella vicenda che stava narrando. Luca ha dovuto trovare
questo cantico nell’ambiente dei “poveri” dove forse veniva attribuito alla
figlia di Sion: egli ha ritenuto conveniente porlo sulle labbra di Maria,
inserendolo nel suo racconto in prosa.
Per
quanto riguarda l’autenticità dell’attribuzione di queste parole a Maria, “diversi
studiosi si sono chiesti come Maria abbia potuto pronunciare un testo così
denso, data la giovanissima età e la limitata cultura ed esperienza del mondo.
E naturalmente anche come abbia potuto, in tal caso, questo cantico essere
trasmesso a Luca. L’unico dato certo è che Luca scrive: “Allora Maria disse…” e
il suo canto di sapore veterotestamentario si inserisce assai bene in tutta la
storia innica del suo popolo.
Meditare
v. 39: In quei giorni Maria si alzò e andò
Con
l’iniziare “in quei giorni”, l’Evangelista vuol indicare un determinato momento:
sono i giorni dell’annuncio, i giorni della salvezza dove esplode un viaggio: Il
viaggio appartiene all’uomo. Qui non vuole essere un dato generico, non ci si
mette in viaggio in teoria, ma c’è un momento preciso che è la partenza. Fino
ad un momento prima eri fermo, poi ti metti in movimento. “Insegnaci a
conoscere i nostri giorni”, recita il Salmista (cfr. Sal 30; 90), imparare a
vivere il proprio tempo come dono e impegno per capire “il giorno” in cui
bisogna mettersi in viaggio. Ci si può organizzare, pensare, prepararsi, ma poi
c’è il momento concreto della partenza.
Nel
nostro caso è Maria che si mette in viaggio. Il viaggio è accompagnato dai
verbi alzarsi e andare. C’è un destarsi, un rinascere ma rimane un viaggio da fare.
Mettersi in viaggio è la condizione di prendere se stessi e camminare. È ciò
che dirà Gesù (cfr. Mt 9,1-8).
Maria
“conta i suoi giorni”, riconosce la sua fragilità e parte “con tutto il cuore e
con tutta l’anima” avendo dentro di sé il grande dono dell’Altissimo.
in fretta
Non
sembra che la Bibbia porti in primo piano il termine “fretta”, anzi il Sal 36
dice il contrario: «Manifesta al Signore la tua via, | confida in lui: compirà
la sua opera; | … Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui; | non
irritarti per chi ha successo. | … Spera nel Signore e segui la sua via». Sembra
che ci sia un aspettare i tempi, un aspettare Dio e il più delle volte,
aspettare con pazienza. Allora la fratta qui citata è un essere con Dio e un
segnale che indica la salvezza che passa dalla vita. La salvezza prende sempre
alla sprovvista; per quanto uno lo abbia desiderato, sperato, invocato,
costruito, quello che succede davvero, arriva quando meno te lo aspetti.
Succede come per gli amori: arriva da altrove, da un altro tempo, da un altro
luogo e ti coglie sempre alla sprovvista.
verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Il
viaggio non si presenta facile. Da Nazaret fino alle montagne di Giuda ci sono
100/150 km! La vita, il viaggio…, guarda caso ci mette sempre davanti una regione
montuosa da valicare, superare! Non si può viaggiare in discesa; i viaggi sono
sempre in salita, verso la montagna, perché il viaggio è una condizione in
salita, faticosa, precaria.
La
città di Giuda nel VI secolo si è identificata con Ain Karem, un centro a 6 km
ad ovest di Gerusalemme. Ain Karem significa “vigna (Karm) resa fertile da una
sorgente perenne (Ain)”, e la sorgente ha preso il nome di Ain Sitti Marian (la
fontana di Maria).
A
tal proposito un pensiero mariano ci riporta all’AT, nel Cantico dei Cantici al
cap. 4 dove l’archetipo che il poeta ha in mente è quello generativo e materno,
valorizzato dalla presenza delle acque fecondatrici (la «sorgente sigillata»)
in riferimento al corpo umano della donna. In seguito l’espressione di sorgente
o fontana sigillata è stato applicata alla Vergine Maria.
v. 40: Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Maria
nella sua condizione faticosa, precaria va a visitare sua cugina Elisabetta per
condividere con gioia il dono del Signore. La casa è di Zaccaria. Alcune
tradizioni locali affermano che l’incontro tra le due cugine ebbe luogo, non
nella stessa città, ma in una casa di campagna dove Elisabetta – come dice il
testo sacro – si tenne nascosta per cinque mesi (cfr. Lc 1,24), per evitare gli
sguardi indiscreti di parenti e amici, e per elevare la sua anima in
ringraziamento a Dio, che le aveva concesso un favore così grande.
Maria
entra in quella casa portando un saluto. Con Lei entra in quella casa la grazia
del Signore, perché Dio l’ha fatta sua mediatrice. Il saluto è rivolto solo a
Elisabetta. Zaccaria in questo momento è fuori di scena, non può condividere
perché non ha creduto.
L’incontro
tra Maria ed Elisabetta è davvero speciale! Sono due mamme in attesa di un
bambino: Maria è giovane, Elisabetta è anziana, ma tutte e due vivono la stessa
esperienza che scaturisce da Dio. C’è grandissima gioia in queste mamme nell’attesa
che diano alla luce il bambino.
v. 41: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il
bambino sussultò nel suo grembo.
Proviamo
a tradurre con un altro genere letterario questo versetto: Appena una parola è scambiata sul serio e ci tocca il cuore, la vita
che siamo in grado di generare comincia a nascere
. Ecco cosa è accaduto a
Ain Karem (luogo della Palestina ove si incontrarono Maria ed Elisabetta).
Ain
Karem è il villaggio della Vita, è lo spazio di una parola scambiata, di una
parola vera e non di un chiacchiericcio. Questa parola vera fa sussultare
dentro. Anche la nostra vita ha sussultato tutte le volte che ci è capitato di
sentirci profondamente ascoltati, e di sentire che il pezzo di verità che
faticosamente stavamo cercando di dire di noi, era colto dall’altro in libertà,
con affetto, senza giudizio. Ed è qui che si apre lo spazio vitale.
La
presenza dello Spirito Santo fa sussultare, ricolmare di gioia. Nella Scrittura
la parola scambiata apre sempre uno spazio. Qui si assiste all’avverarsi della
profezia riguardante Giovanni Battista: “egli sarà pieno di Spirito Santo
fin dal ventre di sua madre”. Già da ora Giovanni inaugura la sua funzione
di precursore, colui che indica la presenza del Messia in mezzo al suo popolo.
Egli riconosce la presenza di Gesù nel grembo di Maria.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo.
Anche
Elisabetta è colma di Spirito Santo. Questa è l’esperienza comune della vita
umana quando è profondamente vissuta, che può essere il frutto di una vita
buona. Poi c’è un salto di qualità, c’è qualcosa che viene dall’Alto: lo
Spirito Santo. Lo Spirito Santo è il dono che viene dall’Alto, l’Inatteso che
viene chiamato fuori da me come una “possessione”.
Lo
Spirito Santo è l’Inatteso che viene chiamato fuori da me. È quella vita in più
che io non mi posso dare da solo, che è totalmente nuova, e che non poteva
venire semplicemente dalla mia cultura, dalla mia educazione, dal mio
migliorare…, ma che, quando si attua, io la vedo e so che è la mia, non è un
qualcosa di estraneo, di aggiunto. Lo Spirito Santo è colui che abita questo
spazio di parola scambiata e che ne trae qualcosa, quella vita che sussulta,
che non era data dalle premesse, ma che, nel momento in cui accade, io
riconosco, discerno che è la mia, è quello che stavo cercando senza saperlo.
vv. 42-43: ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne
e benedetto il frutto del tuo grembo!
La
prima azione generata dallo Spirito Santo è una benedizione. Le parole
pronunciate da Elisabetta sono parole pregne di Spirito Santo, sono
proclamazione della autentica beatitudine di Maria, Maria è beata perché ha
creduto e credendo ha concepito il Signore. Ha offerto all’Altissimo la
possibilità di realizzare il Suo desiderio.
Il
Signore, ha realizzato il sogno di abitare in mezzo al suo popolo, di camminare
tra le strade del mondo, di dire a tutti che Egli è innamorato di ciascuno di
noi. Che è disposto a manifestare il suo amore fino in fondo, fino alla fine.
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
Una
domanda particolare quella di Elisabetta, quasi se dovesse qualcosa a qualcuno.
Elisabetta riconosce nell’altro la sostanziale uguaglianza alla propria
maternità. Non è un estraneo, uno sconosciuto, è madre come lei sta per
diventare madre! La parola scambiata crea lo spazio allo Spirito Santo. Non c’è
bisogno di raccontare, di spiegare… dove lo Spirito passa con il suo soffio
toglie il velo del non conosciuto.
In
questi due versetti l’evangelista non fa altro che attirare l’attenzione sulla
funzione di Maria: essere la «Madre del Signore». E quindi a lei viene
riservata una benedizione («benedetta tu») e una beatitudine beata. Questa
esprime l’adesione di Maria alla volontà divina. Maria non è solo destinataria
di un arcano disegno che la rende benedetta, ma pure persona che sa accettare e
aderire alla volontà di Dio.
Maria
è una creatura che crede, perché si è fidata di una parola nuda e che ella ha
rivestito col suo «sì» di amore. Ora Elisabetta le riconosce questo servizio
d’amore, identificandola «benedetta come madre e beata come credente».
vv. 44-45: Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei
orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha
creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Il
sussulto è guidato dallo Spirito Santo e il Battista, fin dal grembo della
madre, gioisce al primo incontro con il Messia.
Sì,
Maria è madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna
del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il
latte!”
, Gesù preciserà e completerà l’espressione di lode, dicendo: “Beati piuttosto coloro che ascoltano
la parola di Dio e la osservano!”
(Lc 11,27-28).
In
queste parole abbiamo l’avviso dell’evangelista Luca alle Comunità: credere
nella Parola di Dio, poiché ha la forza di realizzare ciò che ci dice. È Parola
creatrice. Genera una nuova vita nel seno di una vergine, nel seno della gente
povera ed abbandonata che l’accoglie con fede.
vv. 46-47: Allora Maria disse: L’anima mia magnifica il
Signore
e il mio spirito
esulta in Dio, mio salvatore
Maria
è stata dichiarata Madre del Signore e l’evangelista Luca ora mette sulle sue
labbra il cantico del Magnificat. Elisabetta
ha cantato la grandezza di Maria, ora Maria canta le lodi del Signore, il vero
artefice della sua grandezza.
Il
Magnificat è il primo dei tre inni che Luca inserisce nei vangeli
dell’infanzia. È un insieme di espressioni derivate dall’AT. Quest’inno è stato
composto all’interno della comunità cristiana di origine giudaica. È un inno di
ringraziamento per ciò che Dio ha operato a favore dei poveri e degli umili.
Luca lo riprende, vi fa le proprie aggiunte e lo fa pronunciare a Maria dopo il
racconto della Visitazione, quasi per fare una pausa, perché il suo lettore
possa riflettere sulle grandi cose che l’Evangelista ha narrato. I primi due
versetti ricordano l’inno di gioia di Anna, la madre di Samuele (1Sam 2,1). Con
tutto il suo essere la vergine proclama la grandezza di Dio, il Salvatore,
proclama la fedeltà di Dio alle sue promesse (cfr. 1Cor 1,27ss).
v. 48: perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in
poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Il
versetto da la motivazione della gioia di Maria e della sua lode a Dio. Egli ha
manifestato la sua vicinanza salvifica, è intervenuto nell’esistenza di questa
ragazza. Dio ha guardato alla bassezza (tapeinosis)
della serva. Maria è collocata tra i poveri di Jahvè, coloro che contano poco,
di umile condizione sociale, o che vengono disprezzati per qualche situazione
penosa (malattia, sterilità) a queste persone che non hanno la possibilità di
cambiare la loro condizione. Di queste persone Dio si prenderà cura (cfr. Gdt
9,11).
La
parola umiltà riportata per noi, non vuole indicare una qualità morale ma uno
stato di povertà o di umiliazione, anche se per i poveri di Jahvè questo assume
una connotazione religiosa poiché tali poveri vengono messi nella condizione di
fidarsi totalmente di Dio. La “bassezza” di Maria però non è una malattia o una
mancanza, ma la disponibilità a rendersi disponibile al dono di Dio. Il v. 48b
potrebbe essere stato inserito da Luca. Ciò introduce la venerazione che Maria
avrà lungo tutto il resto della storia dell’umanità.
v. 49: Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il
suo nome
Ogni
ebreo può dire le grandi opere che Dio compie nella sua vita. Maria, ebrea,
racconta le sue. Maria sottolinea come Dio in lei è diventato tutto, la sua vita:
una cosa sola. Le “grandi cose” fatte da Dio fino a quel momento
erano la creazione (Gb 5,9), la liberazione di Israele dall’Egitto (Dt 10,21;
11,7). Dio si manifesta grande per il concepimento verginale. L’ha costituita
Madre del suo Figlio Unigenito. Le ha data una così alta dignità, che non sarà
mai di nessun’altra creatura. Solo Lei così eccelsa, così elevata, così santa,
così divinizzata., così ricca di Spirito Santo. Per questo il suo Nome è Santo:
Dio stesso viene riconosciuto nella sua divinità, imprevedibile nel suo agire.
Santo sarà anche il frutto del suo intervento creatore (Lc 1,35). Ora viene per
dare santità ad ogni altro uomo attraverso la tutta santa.
v. 50: di generazione in generazione la sua misericordia per
quelli che lo temono.
Dio
è Santo, è forte ma la sua realtà non sarebbe completa se non si ricordasse la
sua misericordia. Il termine ebraico che esprime la misericordia è molto
profondo: ricorda l’amore paziente, la fedeltà di Dio alle sue promesse, nel
contesto dell’alleanza. Questo impegno divino si è concretizzato proprio nel
seno di Maria e si rivela ormai nella storia di ogni persona che lo teme.
Il
timore nel Signore consente all’uomo di rendersi conto della grandezza del
creatore, non gli permette di mancare in umiltà nei suoi confronti.
La
persona che vive il timor di Dio, si apre alla sua Potenza e ottiene la Sua
misericordia.
Da
questo versetto il ricordo delle opere di Dio non riguarda più Maria, la
persona che esprime la lode, ma acquista dimensioni più ampie, universali.
v. 51: Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i
superbi nei pensieri del loro cuore
Lo
spiegamento del braccio di Dio si è verificato in particolare con l’uscita di
Israele dall’Egitto (Dt 5,15). È la grande rivoluzione di Dio. Con termini
forti si ricorda ciò che il Signore ha compiuto a favore dei suoi poveri. Ad
essi vengono opposti i superbi che nel loro cuore hanno deciso di non dare
spazio alla sovranità divina. Il cuore nella cultura ebraica è la sede delle
decisioni e dell’agire. Egli sono stati dispersi, proprio come viene
sbaragliato un esercito che subisce una sconfitta. Questa seconda parte del
Magnificat descrive il rovesciamento a favore dei poveri e degli umili
aspettato da tutte le correnti apocalittiche. Ciò non si è ancora realizzato,
ma la nascita di Gesù ne è l’inizio.
La
rivoluzione di Dio cantata da Maria indica il progetto di Dio sull’umanità: costruire
una comunità di fratelli perché la parola d’ordine è unica: “fare comunione”.
vv. 52-53: ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato
gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani
vuote.
Continua
con delle frasi antitetiche il rovesciamento della sorte dei poveri, tema
presente nell’AT e che solo Luca riprende nel vangelo. La preferenza di Dio per
gli emarginati, i piccoli, i bisognosi si è già manifestata nel corso della
storia di Israele, e si è dimostrata ora nella scelta della sterile Elisabetta
e della vergine della sconosciuta Nazaret.
Dio
cerca l’uomo. In lui vuole la conversione, per questo per rifare la storia
umana, fatta di peccato e di sangue, indica la strada dimostrandosi come colui
che preferisce gli umili, i poveri; come colui che è dalla parte degli
schiantati dai potenti, dalla parte degli emarginati.
Il
cambiamento per Luca avverrà in modo compiuto nell’aldilà (cfr. Lc 6,20-26;
16,19-26), ma viene già espresso nella vita di comunione della chiesa di
Gerusalemme (cfr. At 4,34).
Gesù
si avvicina anche ai ricchi, a coloro che si sentono sazi e dice: “Date in elemosina quello che avete nel
piatto”
(Lc 11,41). E nel Vangelo scorgiamo un ricco che dà la metà dei
suoi beni ai poveri e restituisce quel che ha rubato dando quattro volte tanto.
E Gesù dice che la salvezza è entrata nella sua casa (Lc 19,1-10).
La
salvezza cantata da Maria ha come base la liberazione dal peccato e, quando si
dice peccato, si dice rottura di relazione tra l’uomo e Dio e degli uomini tra
loro”
vv. 54-55: Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della
sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua
discendenza, per sempre”.
Ora
l’attenzione si sposta sulla storia del popolo eletto. È la conclusione del Magnificat.
In queste parole dove si legge l’infedeltà dell’uomo, si potrà leggere la
misericordia di Dio.
Il
rovesciamento di situazione proclamato da Maria è come la risposta di fedeltà
all’impegno che Jahvè aveva preso con i primi patriarchi a favore del suo
popolo e di tutta l’umanità. Questa promessa è per sempre, cioè abbraccia tutta
l’umanità e tutti i tempi, perché Gesù è il vero compimento di tutta la Legge e
di tutti i profeti.
v. 56: Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa
sua.
Il
tempo che Maria rimase con Elisabetta è di circa tre mesi, prima che Elisabetta
partorisca. È il tempo del segno. A Maria basta vedere il compiersi del segno.
L’angelo aveva rivelato a Maria che Elisabetta era incinta di sei mesi. Rimane
quindi con lei tutto il tempo necessario per aiutarla nel delicato periodo
dell’ultima attesa e del parto.
La
delicata attenzione di Maria verso il Verbo di Dio la conduce con gli stessi
atteggiamenti ai bisogni concreti delle persone, con semplicità, con una
presenza discreta e sincera, ricca di amore autentico. Il vero ascolto del
Signore, fa attento l’orecchio di Maria ai richiami di chi è nel bisogno. Maria
è la vera contemplativa coinvolta autenticamente nelle necessità umane.
Qui
si chiude il brano della visitazione. L’attenzione dell’evangelista sarà
rivolta alla nascita del precursore di Cristo.
La Parola illumina la vita e la
interpella

La mia preghiera è innanzitutto espressione d’un sentimento o celebrazione e
riconoscimento dell’azione di Dio?

Quanto tempo dedico all’ascolto della Parola di Dio?

La mia preghiera si alimenta alla Bibbia, come ha fatto Maria? Oppure sono
dedito al devozionalismo che produce a getto continuo preghiere incolori e
insapori?

Sono nella logica del Magnificat che esalta la gioia del dare, del perdere per
trovare, dell’accogliere, la felicità della gratuità, della donazione?

Le parole di Maria nel Magnificat suscitano in me fiducia, fedeltà alla
promessa di Dio, disponibilità a collaborare con lui?

Sono capace di leggere i segni della fedeltà di Dio anche nella mia vita?
Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Figlie
di re fra le tue predilette;
alla
tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta,
figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica
il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Il
re è invaghito della tua bellezza.
È
lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro
a lei le vergini, sue compagne,
condotte
in gioia ed esultanza,
sono
presentate nel palazzo del re. (Sal 44)
Contemplare-agire  L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…

Lasciamo
che lo Spirito Santo entri nella nostra vita. Nelle parole del brano evangelico
di oggi che stai leggendo, per incontrare Gesù, incontri Maria stessa. Assapora
ogni parola che hanno nutrito la sua vita umana e scoprirai che anche da te può
nascere la Parola fatta carne e cantare con lei “grandi cose ha fatto per me
l’Onnipotente”.


Write a Reply or Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.