Lectio divina su Mc 1,40-45
Invocare
Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Leggere
40 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Silenzio meditativo: Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.
Capire
Prima di passare ad un gruppo di controversie con gli scribi e i farisei (2,1-3,6) Marco inserisce al termine del primo capitolo il racconto schematico della guarigione di un lebbroso (unico caso nel suo vangelo) che con l’esorcismo nella sinagoga di Cafarnao (1,21-28) indica il potere risanatore di cui è dotato. Il testo mette in luce anche il suo rispetto della Legge. In particolare, l’evangelista vuole sottolineare che Gesù reca una buona notizia: Dio non emargina nessuno. È la religione che divide le persone tra puri e impuri, meritevoli e no, ma non Dio. Come dirà Pietro negli Atti degli
Apostoli, “Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun individuo” (At 10,28). Questo il tema che ci presenta l’evangelista Marco nel capitolo primo con l’episodio del lebbroso. e quindi trova una opportuna collocazione prima delle cinque discussioni con scribi e farisei sulla validità di questa.
Meditare
v. 40: Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Il versetto inizia senza una descrizione di tempo e di luogo e introduce semplicemente un uomo segnato dalla lebbra, che aveva sentito parlare di Gesù, si avvicina a Lui. L’evangelista omette “l’avviso” che indica il levitico: “immondo, immondo” (13,45).
Dobbiamo ricordare il significato della lebbra per gli Ebrei. Il lebbroso, impuro agli occhi degli altri, rappresentava lo scomunicato per eccellenza, doveva quindi vivere emarginato dalla società, gli venivano negate tutte le sfere relazionali, quella affettiva, quella sociale, era escluso dalla famiglia, dal lavoro, dal culto (cfr. Lev 13).
La guarigione della lebbra era considerata alla stregua della resurrezione di un morto, una azione che solo Dio poteva compiere. Chiarificatrice è la reazione del re d’Isrele alla lettera del re arameo che lo prega di guarire la lebbra del suo ministro Nàaman (cfr. 2 Re 5,7). Secondo Nm 12,12 il lebbroso è come un bimbo nato morto.
Il lebbroso, nel brano evangelico, si avvicina a Gesù, ne riconosce l’autorità e fiducioso lo supplica per essere sanato, guarito completamente.
All’invocazione supplice si accompagna il gesto del corpo. C’è un bisogno in quanto malato d’impossibile: è bisognoso di Dio (il motivo della supplica). Il lebbroso fa sgorgare dal suo cuore una preghiera che riconosce il male e desidera guarire.
vv. 41-42: Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
Il versetto inizia con la compassione di Gesù; il verbo greco splanchnízomai indica proprio un muoversi delle viscere. È un verbo riservato in genere a Dio che ama e si commuove come una madre amorosa per i suoi figli (cfr. Is 49,15).
Al muoversi a compassione seguono dei gesti. “Tese la mano”. È un attributo di Dio che continua a compiere i prodigi dell’esodo (Es 4,4; 7,19; 8,1; 9,22; 14,16; 21,26), un gesto di autorità. Qui con la sua compassione risana, purifica, ridona la vita. L’altro gesto e il toccare. Nel vangelo solo i malati toccano Gesù, qui accade il contrario: la misericordia si abbassa sulla miseria e la tocca.
Il lebbroso viene mondato. Marco come nel suo stile, sottolinea con una ripetizione l’importanza dell’azione di Cristo: infatti il termine purificazione ritorna più volte in questi versetti, quasi a sottolineare che la nostra vera lebbra è la paura stessa della morte, che infetta la nostra vita.
L’immediatezza della guarigione sottolinea il carattere straordinario della Parola che libera e che guarisce. La guarigione è immediata (kai euthys) e completa, il che è normale per gli esorcismi e le guarigioni di Gesù.
vv. 43-44: E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Risulta strano il gesto. I verbi usati sono quelli che si usano per gli esorcismi, per scacciare i demoni. Però Gesù vuole la segretezza. Il guarito porta con se un compito: non deve rivelare chi lo ha guarito, ma solo compiere il sacrificio prescritto per la purificazione e mostrarsi al sacerdote che solo poteva dichiararlo risanato. Secondo Lv 13,49, la guarigione dalla lebbra deve essere costata dai sacerdoti. L’evangelista però ha cura di sottolineare “come testimonianza per loro”. L’uomo guarito testimonia che c’è qualcuno che va oltre la legge e che alla legge è impossibile. L’uomo dimostrava a tutti di essere stato guarito perfettamente mediante l’opera di Gesù (cf. Mc 6,11 e 13,9). Questa testimonianza può risultare a favore o a sfavore. Tutto dipende se si accoglie (cfr. Lc 17,11-19).
v. 45: Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto
Anche questo versetto ripete il mandato di segretezza su Gesù. Ma non sarà così: l’uomo guarito ne parla al punto che Gesù non può presentarsi in pubblico. L’ex lebbroso diviene il primo apostolo mandato ai sacerdoti ad evangelizzare. Egli ha sperimentato in prima persona la misericordia del Signore e l’annuncia agli altri.
tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Gesù è l’uomo dei dolori che ben conosce il patire (Is 53,3-5), che si fa carico del male, del peso degli altri considerando il loro stato disagevole di abbandono e di sofferenza. Egli fa’ propria ciascuna delle malattie che gli vengono presentate nella persona della suocera di Pietro, del lebbroso, degli ammalati e degli indemoniati, sui quali interviene manifestando con il suo atto di guarigione la vittoria di Dio sul male. Per questo è costretto a vivere come se fosse lui il lebbroso.
Però Gesù è il centro di ogni esistenza. Egli è Colui che sarà innalzato e attirerà a sé e chiunque lo vedrà sarà salvo (Gv 12,32; 3,14). Per questo motivo accorrono a Lui chiunque, soprattutto gli esclusi, perché l’azione di Dio si dilata a dismisura.
La Parola illumina la vita
Ogni parola del Vangelo mi fa vedere un mio bisogno, educa il mio desiderio a formularsi in invocazione?
L’atteggiamento di Gesù verso il lebbroso cosa mi insegna a riguardo del nostro modo di rapportarci con malattie che anche oggi sono considerate “infamanti”?
La mia esperienza con Gesù mi porta ad essere portatore della “buona notizia”?
Pregare
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.
Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia! (Sal 31)
Contemplare-agire
Nella mia pausa contemplativa, invoco la misericordia del Padre perché mi mondi dal peccato e così comprendendo la visione del Figlio in Croce possa annunciarlo risorto collaborando alla Sua missione.