Leggere
Silenzio meditativo: Tu sei buono, Signore, e perdoni.
Capire
La parabola (insieme alle altre) viene introdotta con questa formula indirizzata alle folle, mentre le altre tre del secondo gruppo (del tesoro, della perla e della rete), hanno per uditori i soli discepoli e sono prive di ogni formula introduttiva.
L’evangelista sottolinea che essa riguarda il Regno dei cieli, cioè del Regno di Dio. E’ l’annuncio del Regno di Dio e Gesù annuncia se stesso. Gesù rivolgeva la sua parola a tutti, compresi i peccatori. Attraverso la sua azione, era Dio stesso che spargeva il buon seme nel cuore degli uomini.
vv.25-26: Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
L’uditorio, quindi, è in pieno sonno. Siamo nel pieno della pausa della giornata, nel sonno della fede ed è proprio in questo sonno, il nemico, viene e semina la sua zizzania.
La zizzania, lo sappiamo, è una graminacea tossica, un’erbaccia le cui radici, nella crescita, si intrecciano con quelle del frumento e quindi non può essere estirpata senza danneggiarlo.
Da questa parabola nasce il nostro comune linguaggio per definire l’opera di chi genera discordia, mettendo ostilità gli uni contro gli altri.
vv. 27-30: Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». «No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Lo zelo ardente dei discepoli è in contrasto con l’insegnamento che sta facendo Gesù: la pazienza, la fiducia e la misericordia. Vi è nei servi (discepoli) una attesa impaziente del giudizio escatologico, dominante in molti gruppi religiosi del giudaismo del tempo (e anche in molti cristiani, oggi). Atteggiamenti di inquietudine che riscontriamo nella Bibbia in Elia, nel Battista che subito vorrebbero incenerire il male.
Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio»».
Gesù esige che i suoi discepoli vivano insieme ai malvagi, condividendo i momenti ordinari della vita. Gesù, infatti, è colui che si fa “amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,19). Questa è una tolleranza generata dall’amore. Non solo. I discepoli sono chiamati a condividere la pazienza e l’attesa di Dio.
Gesù viene a vagliarci, a destarci dal sonno, a togliere quella pula che troppe volte ci ritroviamo addosso, per far crescere il buon grano, le nostre potenzialità positive. Quando però arriverà la fine del mondo, rappresentata simbolicamente nella mietitura (cfr. Os 6,11; Ger 50,16; Gl 4,12-13), avrà luogo “la distinzione e la separazione” (Sant’Agostino).
Sulla bocca di Gesù, rimproverato spesso dagli avversari per la sua tolleranza verso i peccatori, il racconto rappresentava un messaggio di fiducia: la potenza del male non sarà mai tale da vanificare l’opera di Dio in questo mondo. Non si deve cedere alla tentazione di anticipare il giudizio, perché sarebbe una presunzione che rischierebbe di corrompere anche i giusti: raccogliere la zizzania vuol dire sradicare anche il buon grano.
È qui la meraviglia e lo scandalo dei servi nei confronti di Dio.
vv. 31-32: Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
La parabola la troviamo nei vangeli Sinottici, è riferita da Luca, insieme all’altra del lievito. Il concetto base della parabola sta nel contrasto; il grano di senape deve essere stato proverbialmente piccolo, ma non è il più piccolo dei semi, nè la pianta (più propriamente un cespuglio che cresce fino all’altezza di 3-4 m) è particolarmente alta.
L’accento della parabola non cade tanto sulla crescita o sullo sviluppo progressivo del piccolo seme, ma sulla sproporzione tra la causa e l’effetto, tra l’inizio e la fine. Il contrasto tra la piccolezza del granello di senape e la grandezza dell’arbusto che ne deriva viene esagerato intenzionalmente per sottolineare l’importanza dell’inizio, la cui vitalità garantisce il sorprendente effetto finale. L’immagine del grande albero nella letteratura profetica indicava la comunità messianica (cfr. Ez 17,22-23; 31,6; Dn 4,9.18).
La parabola coi suoi rimandi profetici, nasconde quel significato, per il quale ci viene in aiuto il vangelo di Giovanni, che ritroviamo nella concezione degli antichi: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo; ma se muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Matteo resta nella stessa linea quando afferma: “Chi vuol salvare la sua vita, la perderà; ma chi perde la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39 e 16,25).
v. 33: Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Il paragone serve ad illustrare la sproporzione tra la fase iniziale piuttosto meschina e impercettibile del regno, che corrisponde al periodo della predicazione di Gesù, e quella finale nel suo compimento escatologico. Gesù rassicura così i discepoli scoraggiati, mostrando loro che Dio è all’opera nella sua missione. È proprio la natura nascosta ma efficace del regno che viene messa particolarmente a fuoco nella parabola del lievito.
Tre misure di farina sono quasi mezzo quintale e il pane ricavato da tale quantità fornirebbe un pasto a più di cento persone. Vi è una sola donna, nella Bibbia, che abbia impastato tre misure di farina: Sara, moglie di Abramo, che secondo Gen 18,6 accoglie con tale banchetto i tre ospiti che le annunziavano la nascita di Isacco, il figlio della promessa.
E’ la piccolezza della fede, che in Abramo e poi quanti seguiranno il suo esempio, saranno capaci di “spostare le montagne” (cfr. Mt 17,20).
vv. 34-35: Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
Gesù parlava alla folla solo in parabole, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta: “aprirò la mia bocca con una parabola, rievocherò gli enigmi dei tempi antichi” (Sal 78,2). In queste parole, in qualche maniera riprese dall’Evangelista, vi è un ricordo della fede di Abramo, degli Antenati che non è dato di comprendere facilmente. Matteo le definirà: “cose nascoste fin dalla fondazione [del mondo]”, espressione che ritorna in 25,34, dove si parla del “regno che vi è stato preparato fin dalla fondazione del mondo”. Matteo gioca sul significato bivalente del termine mashal (enigma, parabola) per dimostrare, Scrittura alla mano, che, contrariamente a quanto afferma Marco nel v. 34b, la parabola era il modo ordinario secondo cui, per volontà divina, doveva avvenire la predicazione del Regno.
Con la parabola Gesù vuole esprimere l’inesprimibile, per alludere all’indicibile; un mezzo per rivelare il modo in cui Dio realizza il suo disegno nella storia.
La spiegazione della parabola della zizzania con la forte insistenza sul giudizio finale sembra discostarsi molto dalla parabola stessa, che parla invece della misericordia e della pazienza di Dio. L’evangelista è proteso a scuotere i credenti della sua comunità dal torpore e dalla tiepidezza, invitandoli a vivere secondo la volontà del Padre espressa nel comandamento dell’amore del prossimo. Infatti, l‘appartenenza alla comunità non garantisce la salvezza finale; l’evangelista combatte la falsa sicurezza dei cristiani che, fiduciosi negli elementi istituzionali e sacramentali della chiesa, trascurano concretamente la legge rivelata dal Signore.
La Parola illumina la vita
Riesco a sopportare pazientemente e con umiltà tribolazioni e persecuzioni a causa della Parola?
Cosa significa o ha significato nella mia vita “morire” come il chicco di grano?
Mi lascio scuotere dal torpore e dalla tiepidezza, per vivere secondo la volontà del Padre?
Pregare
Contemplare-agire