Lectio Divina su Gv 11,1-45
Invocare
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Leggere
1 Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2 Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». 4 All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5 Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6 Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7 Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8 I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9 Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10 ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
11 Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12 Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13 Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16 Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
11 Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12 Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13 Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16 Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
17 Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18 Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19 e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20 Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21 Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22 Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23 Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24 Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25 Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26 chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27 Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
28 Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29 Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30 Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
32 Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33 Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34 domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». 38 Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43 Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». 45 Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
28 Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29 Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30 Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
32 Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33 Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34 domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». 38 Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43 Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». 45 Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Silenzio meditativo: Il Signore è bontà e misericordia.
Capire
Il Vangelo di Giovanni, subito dopo il prologo, si apre con il “libro dei segni” (1,19-12,50) dove Dio si rivela al mondo attraverso l’attività pubblica di Gesù. Il libro dei segni è strutturato in cinque blocchi (1,19-51; 2,1-4,54; 5,1-10,42; 11,1-12,36; 12,37-50).
Il brano di questa domenica è racchiuso nella IV sezione e chiude la prima parte del Vangelo di Giovanni e, in qualche modo, la rivelazione pubblica di Gesù.
Il cammino è circondato dal dramma della luce accolta o rifiutata. C’è da prendere nuovamente posizione davanti al dramma della morte e della vita. L’opposizione dei giudei, nel frattempo, si fa violenta e avrà la sua conclusione con un verdetto finale: la morte di Gesù (cfr. 11,45-47).
Quest’ultima sezione, nell’insieme del IV Vangelo, trova il motivo di fondo nell’introdurre il discepolo all’ “ora” della morte e della gloria di Gesù attraverso il dono della vita. Questo è quanto troviamo nella pericope “dedicata” alla risurrezione di Lazzaro: Gesù che dona la vita all’uomo col risuscitarlo dai morti. Per Giovanni questo è il segno per eccellenza che riassume tutta l’opera di Gesù.
L’episodio è strutturato in due parti: 1) il dramma della morte e della vita (vv. 1-44); 2) il Sinedrio decide la sorte di Gesù condannandolo a morte (vv. 45-48).
La Liturgia chiude il brano sulla reazione di chi crede (v. 45), quasi a testimonianza per noi, oggi.
Il Vangelo di Giovanni, subito dopo il prologo, si apre con il “libro dei segni” (1,19-12,50) dove Dio si rivela al mondo attraverso l’attività pubblica di Gesù. Il libro dei segni è strutturato in cinque blocchi (1,19-51; 2,1-4,54; 5,1-10,42; 11,1-12,36; 12,37-50).
Il brano di questa domenica è racchiuso nella IV sezione e chiude la prima parte del Vangelo di Giovanni e, in qualche modo, la rivelazione pubblica di Gesù.
Il cammino è circondato dal dramma della luce accolta o rifiutata. C’è da prendere nuovamente posizione davanti al dramma della morte e della vita. L’opposizione dei giudei, nel frattempo, si fa violenta e avrà la sua conclusione con un verdetto finale: la morte di Gesù (cfr. 11,45-47).
Quest’ultima sezione, nell’insieme del IV Vangelo, trova il motivo di fondo nell’introdurre il discepolo all’ “ora” della morte e della gloria di Gesù attraverso il dono della vita. Questo è quanto troviamo nella pericope “dedicata” alla risurrezione di Lazzaro: Gesù che dona la vita all’uomo col risuscitarlo dai morti. Per Giovanni questo è il segno per eccellenza che riassume tutta l’opera di Gesù.
L’episodio è strutturato in due parti: 1) il dramma della morte e della vita (vv. 1-44); 2) il Sinedrio decide la sorte di Gesù condannandolo a morte (vv. 45-48).
La Liturgia chiude il brano sulla reazione di chi crede (v. 45), quasi a testimonianza per noi, oggi.
Meditare
vv. 1-6: Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
Questi versetti raccolgono una ambientazione introduttiva. Siamo a 3 km da Gerusalemme, Betania, la casa dell’afflizione o dei poveri. L’attenzione è presso una famiglia dove abitano tre fratelli: Marta, Maria e Lazzaro.
Giovanni identifica questi personaggi con l’appellativo “amati da Gesù”. Però l’episodio non volge sulla caratteristica dei personaggi o sul significato dei loro nomi, ma sulla malattia di Lazzaro.
Al di la di questo fatto, come a Cana (2,3), Gesù non si lascia commuovere: l’opera di Dio ha la sua “ora”.
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro.
La risposta di Gesù è in riferimento alla gloria (cfr. 9,13). Ciò significa che i miracoli di Gesù non sono solo gesti di carità ma segni per la fede e rivelano un Dio amore.
La malattia di Lazzaro non finirà con la morte ma è destinata ad essere luogo di manifestazione della sovranità di Dio sulla morte.
Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava.
I versetti chiudono con una indicazione cronologica che non vogliono essere una spiegazione o risposta sull’agire di Gesù, ma in qualche modo vogliono indicare che il suo andare a Betania coinciderà con il suo andare verso la croce, verso la gloria.
vv. 7-10: Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Da questo momento inizia un dialogo tra Gesù e i discepoli. Per aria gira un certo sbalordimento. I discepoli non riescono a comprendere le parole di Gesù. Tornare in Galilea significa andare nella “tana del lupo”. E’ meglio andare a consolare Marta e Maria.
Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Del pensare dei discepoli Gesù cambia visuale e utilizza l’immagine della dodicesima ora, presa dal mondo giudaico che misurava il tempo in dodici ore. In esso troviamo il tema della luce e delle tenebre (cfr. 9,4). Gesù è venuto per completare la sua dodicesima. Ciò significa che la giornata di Gesù fra la gente, sarà fino all’ultimo istante della sua vita secondo il disegno del Padre. Poi sarà la notte… ma Gesù, luce del mondo, è Colui che nessuna tenebra può sconfiggere (1,5), perché “Colui che ama il suo fratello, dimora nella luce e non inciampa nel suo cammino” (1Gv 2,10).
vv. 11-16: Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
In questo gruppo di versetti si riprende il discorso sulla morte dell’amico Lazzaro, riconosciuto da Gesù come “l’amico che dorme” e che deve essere ridestato dalla morte (Mc 5,39). La morte non è la fine di tutto ma solo un momento passeggero, come il sonno.
Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà».
Nel v. 12 viene utilizzato un verbo a doppio senso (sôzō) che qui viene tradotto con “si salverà”. Il verbo vuol significare liberare da una angustia sia fisica che spirituale. L’evangelista lo usa volutamente per indicare il risveglio della vita con la risurrezione.
Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Il v. 13 porta in se una incomprensione dei discepoli. Gesù al versetto seguente da una risposta che evidenzia il suo agire per far crescere e consolidare la fede dei discepoli superando lo scandalo della morte, anche lasciando morire l’amico.
Gesù qui si mostra come Colui che è in grado di liberare l’uomo dalla morte e di far nascere nel cuore dei discepoli la fede come risposta radicale alla salvezza offerta da Dio. Ciò si osserva in Tommaso che prontamente, anche inconsciamente, da quella risposta di ogni discepolo: seguire Gesù con coraggio e piena disponibilità, nonostante i pericoli che comportano.
vv. 17-24: Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello.
Gesù arriva a Betania. Lazzaro è già nella tomba da quattro giorni. I versetti raccolgono una fede imperfetta. L’ambiente è quello delle tradizioni funeree (cfr. 2Sam 10,2) che duravano sette giorni (Sir 22,11). A quei tempi si pensava che lo spirito del defunto vagasse per tre giorni attorno al corpo del defunto e lasciava il corpo al quarto giorno, quando iniziava la corruzione. Inoltre, era abitudine seppellire lo stesso giorno della morte.
Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
L’arrivo di Gesù fa assumere un atteggiamento diverso nelle due sorelle. Marta si presenta dinamica (cfr. Lc 10,40). Maria invece mantiene la calma e si dedica alle persone (cfr. Lc 10,39.42).
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».
L’atto confidenziale di Marta mostra la fede imperfetta di Marta perché legata alla presenza fisica di Gesù. Gesù, invece, vuole condurla a una fede matura.
Il dialogo tra i due è sulla risurrezione di cui Marta ne è certa ma in un futuro lontano. L’atteggiamento di Marta si basa su un livello terreno e non di una fede piena, matura. Se Maria, la madre di Gesù, a Cana disse ai servi fate tutto quello che vi dirà (2,5), qui è la dimostrazione che non è sempre facile rimettere tutto nelle mani di Cristo.
vv. 25-27: Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». In questi versetti abbiamo l’inizio di un passaggio da una fede imperfetta a una fede adulta, piena. Il v. 25 inizia con una affermazione di Gesù: Egli è la fonte della risurrezione (6,39.40.44.54) e della vita (5,11.25) e presenta la risurrezione come una realtà attuale e non futura (5,25). Per coloro che accolgono il dono nella fede esso diventa operante fin da ora. Nell’affermazione di Gesù non abbiamo solo la morte fisica ma anche la morte spirituale. Questo vuol indicare che chi crede in Lui è libero dalla morte. San Paolo direbbe: “per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21).
Credi questo?
La parola «credere», è un fatto molto importante: non implica solo accettare le verità annunciate da Gesù, ma aderirvi con tutto l’essere e ciò significa vivere “in Lui”. Gesù lo ha confermato:”se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte” (8,51). Gesù non ci chiede di «comprendere», ma di «credere»! Non si può, non essere felice: in ogni credente c’è la Vita.
Gesù dinanzi a questo messaggio sollecita a dare una risposta.
Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Marta dopo aver percorso il suo cammino verso Cristo è pronta a professare. Ella poggia la sua fede non sull’uomo taumaturgo ma sulla Parola di Colui riconosciuto come Messia, Figlio di Dio, Colui che deve venire nel mondo. Tre titoli attribuiti a Gesù.
vv. 28-32: Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».
Cambia il personaggio. Inizia il dialogo di Gesù con Maria. Abbiamo già visto che Marta si presenta come la donna agitata, mentre Maria come colei che è capace di attendere.
Nei versetti troviamo una chiamata. E’ l’iniziativa di Dio alla risposta di fede. Maria è pronta all’incontro con slancio d’amore e di speranza.
L’atteggiamento di Maria è diverso da quello di Marta: nel suo dolore si affida al Signore. Per il credente la morte non è separazione da Dio senza speranza, si fonda sulla risurrezione di Gesù.
vv. 33-37: Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Il pianto di Maria è pianto di dolore aperto alla speranza. Maria è circondata anche dal dolore degli astanti. Gesù di fronte a questi atteggiamenti freme nell’intimo e si turbò. Non si sa di preciso di quest’atteggiamento di Gesù, però quando i poveri piangono anche Gesù si emoziona, piange. Qui troviamo la natura umana e divina di Gesù, l’amore tra Gesù e i membri della comunità.
Gesù chiede il luogo della sepoltura. Il Vangelo presenta per la prima volta Gesù dinanzi alla cruda realtà della morte dove provò quel nodo alla gola. Non mancano qui le chiacchere di coloro che non credono e dubitano. Inconsciamente viene espressa una verità: Gesù è la luce per gli occhi spenti del cieco nato ed è la vita per chi è morto come Lazzaro.
vv. 38-42: Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra.
Per la terza volta Gesù si commuove (vv. 33.35.38). Gesù si trova a compiere un grande gesto: manifestare la gloria di Dio e sconfiggere la morte.
Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra.
Gesù da l’ordine di togliere la pietra. C’è una pietra posta sulla nostra stessa tomba, la cecità è tanta che l’osservazione volge sullo stato di decomposizione del corpo. Marta non ha preso ancora piena coscienza della sua fede professata in precedenza nel Maestro.
La fede deve precedere l’opera di Dio. “Se la fede non precede, la vita buona non può seguire” (Sant’Agostino).
Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato».
Sgorga allora il rendimento di grazie (Sal 118,21). Gesù entra in un dialogo confidente con il Padre, lo stesso, che da sempre ascolta il grido dei poveri, degli afflitti (Es 2,24; 3,7; Sal 9-10). Quanto avviene al sepolcro del povero, aiuta a credere al dono del Padre, che in Gesù ridona la vita a Lazzaro.
vv. 43-44: Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Finisce la supplica inizia il comando detto a gran voce, quasi a richiamare il fatto creativo di Gen 1, dove Dio trasse dal nulla tutte le cose con la potenza della sua Parola, così il Figlio con la potenza della sua Parola, chiama fuori dal sepolcro l’uomo deposto.
In questi versetti l’evangelista non descrive i particolari, non interessa, ma realizza quanto è riportato in 5,25-29. L’unica cosa che viene descritta è in riferimento al defunto: viene chiamato per nome, uscì subito, legato mani e piedi e sul volto un sudario.
Giovanni si limita a dare l’essenziale della risurrezione che si snoda con tre comandi: togliete la pietra (v. 39), vieni fuori (v. 43), scioglietelo e lasciatelo andare (v. 44).
In questi tre comandi, Giovanni raccoglie il messaggio teologico: Gesù è vincitore della morte che libera l’uomo dalla schiavitù della morte simboleggiata dalle bende (cfr. Mt 16,19). Diversamente per Gesù, pur avendo gli stessi segni non sarà così: la pietra è tolta, le bende per terra e il sudario piegato e messo in un angolo a parte (20,7) e la presenza di Dio attraverso due angeli (20,12).
v. 45: Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
La pericope liturgica si chiude con questo versetto dove abbiamo la reazione di chi crede. Nella Bibbia troviamo sempre delle chiusure in riferimento all’atto di fede. C’è una moltitudine di gente che esce dalla una città fortificata, da un cuore indurito, che esce simbolicamente dalle sicurezze della propria vita. Affrontano, non solo fisicamente, un cammino che evidentemente non è solamente spaziale.
Per comprendere, per capire una realtà è necessario distaccarsene, allontanarsi dal luogo di tensione, ritornare anche alle origini se necessario. Rivedere quanto sta accadendo, come fosse un rivedere l’album di famiglia.
Prima ancora abbiamo un cammino interiore; un percorso necessario per giungere alla verità, alla risurrezione.
vv. 1-6: Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
Questi versetti raccolgono una ambientazione introduttiva. Siamo a 3 km da Gerusalemme, Betania, la casa dell’afflizione o dei poveri. L’attenzione è presso una famiglia dove abitano tre fratelli: Marta, Maria e Lazzaro.
Giovanni identifica questi personaggi con l’appellativo “amati da Gesù”. Però l’episodio non volge sulla caratteristica dei personaggi o sul significato dei loro nomi, ma sulla malattia di Lazzaro.
Al di la di questo fatto, come a Cana (2,3), Gesù non si lascia commuovere: l’opera di Dio ha la sua “ora”.
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro.
La risposta di Gesù è in riferimento alla gloria (cfr. 9,13). Ciò significa che i miracoli di Gesù non sono solo gesti di carità ma segni per la fede e rivelano un Dio amore.
La malattia di Lazzaro non finirà con la morte ma è destinata ad essere luogo di manifestazione della sovranità di Dio sulla morte.
Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava.
I versetti chiudono con una indicazione cronologica che non vogliono essere una spiegazione o risposta sull’agire di Gesù, ma in qualche modo vogliono indicare che il suo andare a Betania coinciderà con il suo andare verso la croce, verso la gloria.
vv. 7-10: Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Da questo momento inizia un dialogo tra Gesù e i discepoli. Per aria gira un certo sbalordimento. I discepoli non riescono a comprendere le parole di Gesù. Tornare in Galilea significa andare nella “tana del lupo”. E’ meglio andare a consolare Marta e Maria.
Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Del pensare dei discepoli Gesù cambia visuale e utilizza l’immagine della dodicesima ora, presa dal mondo giudaico che misurava il tempo in dodici ore. In esso troviamo il tema della luce e delle tenebre (cfr. 9,4). Gesù è venuto per completare la sua dodicesima. Ciò significa che la giornata di Gesù fra la gente, sarà fino all’ultimo istante della sua vita secondo il disegno del Padre. Poi sarà la notte… ma Gesù, luce del mondo, è Colui che nessuna tenebra può sconfiggere (1,5), perché “Colui che ama il suo fratello, dimora nella luce e non inciampa nel suo cammino” (1Gv 2,10).
vv. 11-16: Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
In questo gruppo di versetti si riprende il discorso sulla morte dell’amico Lazzaro, riconosciuto da Gesù come “l’amico che dorme” e che deve essere ridestato dalla morte (Mc 5,39). La morte non è la fine di tutto ma solo un momento passeggero, come il sonno.
Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà».
Nel v. 12 viene utilizzato un verbo a doppio senso (sôzō) che qui viene tradotto con “si salverà”. Il verbo vuol significare liberare da una angustia sia fisica che spirituale. L’evangelista lo usa volutamente per indicare il risveglio della vita con la risurrezione.
Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Il v. 13 porta in se una incomprensione dei discepoli. Gesù al versetto seguente da una risposta che evidenzia il suo agire per far crescere e consolidare la fede dei discepoli superando lo scandalo della morte, anche lasciando morire l’amico.
Gesù qui si mostra come Colui che è in grado di liberare l’uomo dalla morte e di far nascere nel cuore dei discepoli la fede come risposta radicale alla salvezza offerta da Dio. Ciò si osserva in Tommaso che prontamente, anche inconsciamente, da quella risposta di ogni discepolo: seguire Gesù con coraggio e piena disponibilità, nonostante i pericoli che comportano.
vv. 17-24: Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello.
Gesù arriva a Betania. Lazzaro è già nella tomba da quattro giorni. I versetti raccolgono una fede imperfetta. L’ambiente è quello delle tradizioni funeree (cfr. 2Sam 10,2) che duravano sette giorni (Sir 22,11). A quei tempi si pensava che lo spirito del defunto vagasse per tre giorni attorno al corpo del defunto e lasciava il corpo al quarto giorno, quando iniziava la corruzione. Inoltre, era abitudine seppellire lo stesso giorno della morte.
Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
L’arrivo di Gesù fa assumere un atteggiamento diverso nelle due sorelle. Marta si presenta dinamica (cfr. Lc 10,40). Maria invece mantiene la calma e si dedica alle persone (cfr. Lc 10,39.42).
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».
L’atto confidenziale di Marta mostra la fede imperfetta di Marta perché legata alla presenza fisica di Gesù. Gesù, invece, vuole condurla a una fede matura.
Il dialogo tra i due è sulla risurrezione di cui Marta ne è certa ma in un futuro lontano. L’atteggiamento di Marta si basa su un livello terreno e non di una fede piena, matura. Se Maria, la madre di Gesù, a Cana disse ai servi fate tutto quello che vi dirà (2,5), qui è la dimostrazione che non è sempre facile rimettere tutto nelle mani di Cristo.
vv. 25-27: Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». In questi versetti abbiamo l’inizio di un passaggio da una fede imperfetta a una fede adulta, piena. Il v. 25 inizia con una affermazione di Gesù: Egli è la fonte della risurrezione (6,39.40.44.54) e della vita (5,11.25) e presenta la risurrezione come una realtà attuale e non futura (5,25). Per coloro che accolgono il dono nella fede esso diventa operante fin da ora. Nell’affermazione di Gesù non abbiamo solo la morte fisica ma anche la morte spirituale. Questo vuol indicare che chi crede in Lui è libero dalla morte. San Paolo direbbe: “per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21).
Credi questo?
La parola «credere», è un fatto molto importante: non implica solo accettare le verità annunciate da Gesù, ma aderirvi con tutto l’essere e ciò significa vivere “in Lui”. Gesù lo ha confermato:”se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte” (8,51). Gesù non ci chiede di «comprendere», ma di «credere»! Non si può, non essere felice: in ogni credente c’è la Vita.
Gesù dinanzi a questo messaggio sollecita a dare una risposta.
Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Marta dopo aver percorso il suo cammino verso Cristo è pronta a professare. Ella poggia la sua fede non sull’uomo taumaturgo ma sulla Parola di Colui riconosciuto come Messia, Figlio di Dio, Colui che deve venire nel mondo. Tre titoli attribuiti a Gesù.
vv. 28-32: Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».
Cambia il personaggio. Inizia il dialogo di Gesù con Maria. Abbiamo già visto che Marta si presenta come la donna agitata, mentre Maria come colei che è capace di attendere.
Nei versetti troviamo una chiamata. E’ l’iniziativa di Dio alla risposta di fede. Maria è pronta all’incontro con slancio d’amore e di speranza.
L’atteggiamento di Maria è diverso da quello di Marta: nel suo dolore si affida al Signore. Per il credente la morte non è separazione da Dio senza speranza, si fonda sulla risurrezione di Gesù.
vv. 33-37: Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Il pianto di Maria è pianto di dolore aperto alla speranza. Maria è circondata anche dal dolore degli astanti. Gesù di fronte a questi atteggiamenti freme nell’intimo e si turbò. Non si sa di preciso di quest’atteggiamento di Gesù, però quando i poveri piangono anche Gesù si emoziona, piange. Qui troviamo la natura umana e divina di Gesù, l’amore tra Gesù e i membri della comunità.
Gesù chiede il luogo della sepoltura. Il Vangelo presenta per la prima volta Gesù dinanzi alla cruda realtà della morte dove provò quel nodo alla gola. Non mancano qui le chiacchere di coloro che non credono e dubitano. Inconsciamente viene espressa una verità: Gesù è la luce per gli occhi spenti del cieco nato ed è la vita per chi è morto come Lazzaro.
vv. 38-42: Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra.
Per la terza volta Gesù si commuove (vv. 33.35.38). Gesù si trova a compiere un grande gesto: manifestare la gloria di Dio e sconfiggere la morte.
Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra.
Gesù da l’ordine di togliere la pietra. C’è una pietra posta sulla nostra stessa tomba, la cecità è tanta che l’osservazione volge sullo stato di decomposizione del corpo. Marta non ha preso ancora piena coscienza della sua fede professata in precedenza nel Maestro.
La fede deve precedere l’opera di Dio. “Se la fede non precede, la vita buona non può seguire” (Sant’Agostino).
Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato».
Sgorga allora il rendimento di grazie (Sal 118,21). Gesù entra in un dialogo confidente con il Padre, lo stesso, che da sempre ascolta il grido dei poveri, degli afflitti (Es 2,24; 3,7; Sal 9-10). Quanto avviene al sepolcro del povero, aiuta a credere al dono del Padre, che in Gesù ridona la vita a Lazzaro.
vv. 43-44: Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Finisce la supplica inizia il comando detto a gran voce, quasi a richiamare il fatto creativo di Gen 1, dove Dio trasse dal nulla tutte le cose con la potenza della sua Parola, così il Figlio con la potenza della sua Parola, chiama fuori dal sepolcro l’uomo deposto.
In questi versetti l’evangelista non descrive i particolari, non interessa, ma realizza quanto è riportato in 5,25-29. L’unica cosa che viene descritta è in riferimento al defunto: viene chiamato per nome, uscì subito, legato mani e piedi e sul volto un sudario.
Giovanni si limita a dare l’essenziale della risurrezione che si snoda con tre comandi: togliete la pietra (v. 39), vieni fuori (v. 43), scioglietelo e lasciatelo andare (v. 44).
In questi tre comandi, Giovanni raccoglie il messaggio teologico: Gesù è vincitore della morte che libera l’uomo dalla schiavitù della morte simboleggiata dalle bende (cfr. Mt 16,19). Diversamente per Gesù, pur avendo gli stessi segni non sarà così: la pietra è tolta, le bende per terra e il sudario piegato e messo in un angolo a parte (20,7) e la presenza di Dio attraverso due angeli (20,12).
v. 45: Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
La pericope liturgica si chiude con questo versetto dove abbiamo la reazione di chi crede. Nella Bibbia troviamo sempre delle chiusure in riferimento all’atto di fede. C’è una moltitudine di gente che esce dalla una città fortificata, da un cuore indurito, che esce simbolicamente dalle sicurezze della propria vita. Affrontano, non solo fisicamente, un cammino che evidentemente non è solamente spaziale.
Per comprendere, per capire una realtà è necessario distaccarsene, allontanarsi dal luogo di tensione, ritornare anche alle origini se necessario. Rivedere quanto sta accadendo, come fosse un rivedere l’album di famiglia.
Prima ancora abbiamo un cammino interiore; un percorso necessario per giungere alla verità, alla risurrezione.
La Parola illumina la vita
Quale domanda di senso suscita alla mia vita, la Parola ascoltata, meditata?
Anche io sono come i discepoli: trattengo Gesù e l’opera di Dio o come Maria mi affido?
Che tipo di fede vivo: orizzontale o verticale?
Come rispondo al comando di Gesù: rimango chiuso/a con una pietra posta a ridosso oppure come tanti, credo?
Quale domanda di senso suscita alla mia vita, la Parola ascoltata, meditata?
Anche io sono come i discepoli: trattengo Gesù e l’opera di Dio o come Maria mi affido?
Che tipo di fede vivo: orizzontale o verticale?
Come rispondo al comando di Gesù: rimango chiuso/a con una pietra posta a ridosso oppure come tanti, credo?
Pregare
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Contemplare-agire
Non attaccatevi ai mezzi che conducono a Dio ma soltanto a Dio e alla sua divina volontà del momento (San Pier Giuliano Eymard).
Non attaccatevi ai mezzi che conducono a Dio ma soltanto a Dio e alla sua divina volontà del momento (San Pier Giuliano Eymard).