Invocare
Padre santo e misericordioso, che mai abbandoni i tuoi figli e riveli ad essi il tuo nome, infrangi la durezza della mente e del cuore, perché sappiamo cogliere con la semplicità dei fanciulli i tuoi insegnamenti, e portiamo frutti di vera e continua conversione. Per Cristo nostro Signore. Amen.
– Silenzio meditativo perché la Parola entri in noi e illumini la nostra vita
Meditare
“si presentarono alcuni”. Gesù viene messo al corrente dei fatti sconvolgenti. Difficile dire chi sono gli interlocutori di Gesù e il motivo della notizia; la risposta comunque presenta tratti propri dell’atteggiamento abituale di Gesù che non si ferma al fatto in se, ma allarga l’orizzonte e lo utilizza per l’annuncio del vangelo.
v. 3: “No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. C’è un’affermazione solenne: “No, io vi dico”. Un forte invito alla conversione, rivolto a tutti. “Se non vi convertirete”. Il male, visto sul volto altrui, fa da specchio al nostro e ci chiama alla conversione. La parola conversione, tipica del tempo quaresimale, è in greco “metanoia“. Il suo significato letterale è «cambiare mente», trasformare la mentalità per cui le scelte umane si rivolgono dal male al bene, dalla menzogna alla verità. E’ un invito a compiere una scelta radicale per il bene e per l’Evangelo.
Il congiuntivo presente del verbo indica uno stato, una condizione di continua conversione, che si deve estendere a tutti i membri della nazione: deve diventare un’attitudine di tutto il popolo.
vv. 4-5: “O quelle diciotto persone…No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Questi versetti riprendono il tema con una costruzione del tutto identica per ribadire il concetto: ogni uomo è peccatore ed è chiamato alla radicalità del regno di Dio, ad accoglierlo ormai presente nella persona di Gesù Cristo.
Gesù fa riferimento a un’immagine già molte volte utilizzata nell’Antico Testamento per indicare il popolo di Dio. Infatti il fico e la vigna rappresentano nella Sacra Scrittura e nella tradizione rabbinica e profetica il popolo d’Israele che è la vigna scelta, piantata e curata da Javhè nonostante la sua infedeltà. Ed ora è Gesù, il Figlio di Dio che viene a visitare questa vigna e a mangiarne il frutto… E i vignaioli stanno per metterlo a morte.
A questo versetto, si aggiunge una domanda un po’ retorica di Gesù: “Il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).
v. 7: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Qui il ragionamento è consequenziale. Quale rapporto abbiamo con Dio? Quali frutti di conversione portiamo? Il padrone comunica al vignaiolo il suo disappunto per quell’albero che ormai già da tre anni non dà frutti, quindi dà ordine di tagliarlo perché è un parassita, sfrutta solo il terreno senza portare frutto.
Questo versetto riprende l’esigenza della conversione: “se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” (v. 5) insieme alla stessa simbologia del Battista: la scure posta alla radice dell’albero (cfr. Lc 3,9).
C’è una sola alternativa: o convertirsi e dare frutto, oppure perire.
Leggendo la sterilità del fico, leggiamo la nostra storia alla luce di quella di Gesù. La parabola è trasparente. Il Padre e il Figlio si prendono cura dell’uomo e si attendono che egli risponda al loro amore. Ma come il fico è sterile, così l’uomo non fa frutti di conversione (cfr. Lc 3,8).
Il linguaggio che viene usato è intriso di misericordia. È il linguaggio di Gesù. È il linguaggio di Dio paziente e misericordioso.
Il “quest’anno” indica un’anno senza fine, perché è l’invito alla pazienza e alla misericordia di Dio che “usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 2,9). Ma non dobbiamo fare come gli “empi, che stravolgono la grazia del nostro Dio in dissolutezze e rinnegano il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo” (Gd 4). Non ci si deve prendere gioco della ricchezza della bontà di Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza, ma riconoscere che la bontà di Dio ci spinge alla conversione (cfr. Rm 2,4).
“finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime”. La pazienza va oltre le apparenze. Il vignaiolo non ne vuole sapere di tagliare l’albero anche se deve riconoscere che finora è stato infruttuoso e s’impegna a lavorare perché il fico porti frutto: lo zappa tutt’attorno e gli mette il concime.
Lo sguardo del cuore viene orientato a quell’opera attenta, premurosa, abbondante che Dio ha compiuto, attraverso Gesù, a nostro favore, per rendere la nostra vita feconda di frutti di bene. Questo sguardo è un ripercorrere nella memoria l’elenco di queste opere divine a cominciare dalla redenzione stessa, dall’amore infinito di Dio per noi. Questa considerazione potrebbe davvero svegliarci e renderci pronti a una risposta generosa.
Ma anche la pazienza di Dio raccoglie un limite. Il tempo è decisivo, non perché breve, ma perché carico di occasioni decisive, qualunque sia la sua durata.
Questo dialogo tra padrone e vignaiolo, fatta da Gesù che è il vignaiolo al Padre che è il padrone, mette in risalto il valore dell’intercessione, della preghiera per ottenere misericordia. È la stessa intercessione chiesta da Abramo verso le città di Sodoma e Gomorra (Gen 18,16-33), la stessa intercessione di Mosè nei confronti di Israele nell’episodio del vitello d’oro (Es 32,11-14.30-35).
Il vignaiolo farà di tutto perché porti frutto… come Gesù che in Lc 15, farà di tutto per ritrovare chi era perduto.
La conversione presentata dal Luca in questa parabola è una chiamata a crescere nella linea del progetto di Dio, secondo il pensiero di San Paolo: “So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,13-14).
Riesco a vivere questo tempo quaresimale come un tempo di grazia che il Signore mi offre per accogliere la salvezza portata da Cristo Gesù?
Con quale impegno corrispondo alla cura di Dio? Ricambio il suo amore con gesti concreti di servizio?
Quali scelte ho fatto in questo cammino di quaresima? Hanno portato frutto? Su cosa sto realmente puntando? Che spazio ha la conversione, il rinnovamento della mia vita quotidiana?
Pregare
Lasciamoci trasformare dalla Parola di Dio e preghiamo insieme al Salmista (Sal 102):
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.
Contemplare-agire